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Indipendence Day

4 luglio, come ho vissuto l’«Indipendence Day»

bandiera-usaFIRENZE – Mi sono chiesto come mai il 4 Luglio rappresenti la festa nazionale per eccellenza, che ogni luogo dove è presente la Bandiera americana celebra con manifestazioni di ogni tipo. Il ricordo del periodo trascorso negli Stati Uniti è ancora vivo in me: in particolare quando la base, dove svolgevo il Corso di Volo in California, il 4 di Luglio si apriva a parenti visitatori per festeggiare assieme l’Indipendence Day.

Un giorno surreale in cui il Paese dove tutto è aperto giorno e notte improvvisamente si ferma. Addirittura le efficientissime poste statunitensi chiudono gli uffici. Ogni luogo si colora di bianco, rosso e blu, per celebrare un preciso rituale, che lega ogni cittadino al proprio paese.

È anche l’occasione per coltivare quel senso di appartenenza al «melting pot» statunitense e promuovere la solidarietà.

Una solidarietà che a volte può apparire, a noi del vecchio continente, semplice e banale: come quando ero in macchina con amici che improvvisamente hanno visto il ragazzo del latte che si accasciava sul marciapiede e si sono fermati per portarlo a casa. Un’altra volta, da Dennys, improvvisamente un signore anziano si sente male: subito la cassiera chiama il 911 e la cameriera esegue le indicazioni impartite dal dottore al telefono. Sì, una solidarietà tremendamente familiare e pratica, fatta di gesti e azioni che dall’Alaska al Texas sono sempre le stesse, le medesime per tutti. D’altronde in America puoi sempre sapere quello che ti aspetta, c’è un cartello per ogni cosa.

Il 4 Luglio ovunque ci saranno fuochi d’artificio, hot dog ed hamburger, ed un momento per ricordare le origini e chi si è sacrificato per la patria americana. Ogni base militare a mezzogiorno in punto esegue il saluto all’Unione sparando un colpo di pistola per ogni stato dell’Unione. Certamente oggi ricorderanno gli eroi del Fire Department dell’Arizona, ed i loro soldati all’estero ed a casa.

Il popolo americano è molto nazionalista proprio in quanto l’immigrazione ha accomunato persone, usi e tradizioni in un insieme che man mano ha creato la propria identità. Da qui la ragione per cui l’Indipendence day è la festa di tutti, dove non contano i gradi, le cariche, i ruoli.

Proprio l’anno scorso ho avuto l’onore di partecipare a questa festa a Villa Taverna, la residenza romana dell’ambasciatore Usa in Italia. Mi ha colpito quanto fosse simile alle celebrazioni a cui avevo assistito nei parchi pubblici di Sacramento.

All’arrivo una lunga fila per tutti gli invitati, senza distinzione d’autorità, politici, gradi, titoli, per salutare l’ambasciatore e la consorte. Un messaggio chiaro: «siamo tutti uguali». E così il resto della serata: hamburger, hot dog, buffet e banda dei Marines, l’eleganza fornita dalla solennità della festa, nonostante la ricercatezza dei vestiti.

L’essenza delle specificità degli Usa, l’ho realmene compresa nello studio della «Democrazia in America» di Alexis de Toqueville, che vede tutti uguali in quanto a tutti sono offerte le medesime condizioni di partenza per motivi storici e geografici. Quindi chi oggi è ricco può diventare povero e viceversa. Così ho compreso il rispetto assoluto che si ha nei confronti dei camerieri, generalmente giovani che frequentano il college, e i clienti quasi sempre hanno vissuto la medesima esperienza.

Sono dettagli che aiutano a comprendere la realtà statunitense e determinare cosa si può riscoprire e valorizzare.

America, Bandiera, Indipendence Day


Claudio Icardi

Comandante Scuola Militare Aeronautica G. Douhet
redazione@firenzepost.it

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