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Senato, riforma ad alto rischio: la resistenza di Vannino Chiti può essere fatale a Maria Elena Boschi

Dal Senato via libera alla trasformazione delle Province
L’aula del Senato

La riforma del Senato ora rischia di diventare una vera bomba per il governo Renzi. I senatori contrari alla proposta della pupilla del premier, il ministro Maria Elena Boschi, sono guidati da un altro toscano, Vannino Chiti, ex presidente della Regione, che è riuscito a ingrossare le fila dei dissenzienti in maniera preoccupante per Palazzo Chigi.  Sulle barricate ci sono 18 senatori della maggioranza ai quali se ne sono aggiunti altri 17: in tutto 35. Appunto una carica esplosiva. Gli accordi che la Boschi ha concluso sembrano non essere sufficienti a garantire l’approvazione della grande riforma che dovrebbe portare al Senato delle Autonomie. Chiti & soci vogliono un Senato di eletti. La Boschi può veder franare il suo impianto, cosa che si sta palesando da tempo. Non a caso Renzi pare stia pensando a una soluzione diversa per guidare il capitolo riforme, e sempre non a caso per lei, la ministra, si potranno spalancare le porte delle primarie del Pd per la presidenza della Regione Toscana, già in autunno.  Per evitare questo scenario, Maria Elena Boschi dovrebbe superare la resistenza di Vannino Chiti e dei suoi seguaci, impresa che, al momento, non si prospetta per niente semplice.

SENATO – Secondo le intenzioni del governo, il Senato delle Autonomie dovrebbe essere di soli 100 membri, drasticamente ridotti dai 315 attuali e rispetto anche ai 143 previsti nel Ddl del governo adottato come testo base in commissione. Le leggi ordinarie saranno approvate soltanto dalla Camera, ma per alcune leggi il senato avrà voce in capitolo. La funzione legislativa sarà infatti esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali. Per le leggi che hanno impatto su Regioni e Comuni la Camera dovrà pronunciarsi a maggioranza assoluta in caso di richiesta di modifiche da parte del Senato. L’Assemblea di Palazzo Madama avrà anche poteri di controllo sull’attuazione delle leggi, delle politiche pubbliche e della Pubblica Amministrazione.
BASE REGIONALE – Quanto alla scelta dei senatori, molti aspetti erano stati limati nell’incontro tra il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, il capogruppo azzurro in Senato Paolo Romani, e Roberto Calderoli, della Lega Nord. Ma già nei 21 emendamenti congiunti che hanno predisposto i relatori in commissione, Anna Finocchiaro (Pd) e lo stesso Roberto Calderoli (Lega), era stata tracciata la possibile soluzione. L’individuazione dei nuovi senatori dovrebbe essere non per elezione diretta, ma di secondo grado, una scelta più che un’elezione, come da sempre vuole il premier. I consigli regionali sceglierebbero i nuovi senatori tra gli stessi consiglieri regionali e tra i sindaci. Anche i senatori godranno della immunità parlamentare. Su questi ultimi temi in verità, come accennato,  nel Pd e in Forza Italia non tutti sono concordi, tanto che la battaglia in proposito rischia di far saltare tutto l’impianto. Cosa accadrà al momento delle votazioni? Renzi ha affermato che comunque l’immunità non è stata proposta dal governo, che può benissimo rinunciarvi, ma non rinuncerà all’abolizione dell’elezione diretta.
TITOLO V – Per quanto riguarda la riforma del Titolo V alle regioni resterebbero competenze in materia di turismo e beni culturali, mentre infrastrutture, energia, commercio con l’estero, promozione turistica passano allo Stato. Dalla Costituzione scompariranno una volta per tutte le Province.
ITALICUM – L’accordo sulle riforme con Silvio Berlusconi e la Lega avrebbe dovuto mettere in sicurezza l’impianto dell’Italicum, in merito al quale Renzi ha però iniziato a discutere anche con il M5S. Negli incontri fra il ministro Boschi e Romani  Forza Italia avrebbe garantito il suo sì almeccanismo del ballottaggio nazionale tra le prime due coalizioni. Piuttosto si limerebbero un po’ le soglie: dal 38 al 40% quella per accedere al ballottagggio e un’unica soglia di sbarramento tra il 4 e il 5%. Il ballottaggio permetterebbe una più stabile governabilità e la certezza di un vincitore. proprio quello che vuole Renzi, che teme le forti tentazioni proporzionaliste presenti in Parlamento.

Il premier ha ostentato soddisfazione e ottimismo, affermando: «siamo a un passo dalla chiusura». La sua plenipotenziaria, il ministro Boschi,  sostiene che si va «verso la votazione finale nel mese di luglio». Ma nella votazione finale conteranno i numeri. E poiché ci sono ancora dissidi interni in Forza Italia e nel Pd forse la conta dei voti  potrà riservare  sorprese. E magari costringere Renzi ad affiancare la Boschi e poi ad accompagnarla verso le primarie toscane.
Ma per una volta sposiamo l’ottimismo del premier. Fusse che fusse la volta buona?

italicum, riforme, Senato


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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