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Missione Rosetta: così portammo il nome della Galileo nel cosmo

Il lander Philae costruito dalla Galileo
Il lander Philae costruito dalla Galileo

Non ce l’avrebbe mai fatta, senza la tecnologia italiana e «toscana» in particolare, la sonda spaziale Rosetta a raggiungere la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko distante oltre 500 milioni di chilometri dalla terra. Testimone diretto della preparazione delle sofisticate strumentazioni di bordo è l’ingegner Ivo Varano, che al tempo del lancio della missione spaziale (2 marzo 2004) era direttore del settore Spazio ed Elettro-Ottica della Galileo Avionica, una società di Finmeccanica, ora confluita nella Selex-ES.

FirenzePost lo ha raggiunto nella sua abitazione a Pistoia, dove si è ritirato in pensione, dopo aver diretto gli stabilimenti di Milano e di Campi Bisenzio, quelli che un tempo portavano il glorioso e storico nome tutto toscano delle «Officine Galileo». Un ricordo incancellabile di quegli anni e di quei progetti spaziali. «Ci lavoravamo da circa dieci anni – dice Varano – poi finalmente nel 2004 la partenza della missione. Tutte le maestranze erano consapevoli ed orgogliose di quello che era stato realizzato. C’era tutta l’ansia e la passione di vedere il risultato di un lavoro fatto con tanta dedizione da tutti».

Durante un’intervista alla trasmissione televisiva «Uno mattina» al tempo del lancio di Rosetta, Varano aveva ricordato come i sensori stellari e la camera di navigazione della Galileo Avionica avrebbero portato la sonda sul bersaglio: «Una palla di ghiaccio di 4 km di diametro sarà centrata tra dieci anni, ad una distanza di cinque volte quella tra la terra e il sole. È come colpire una monetina di 1 euro a mille km di distanza». Aggiungendo poi che «i sensori stellari della Galileo sono abituati a queste imprese: hanno già guidato satelliti europei ed americani verso molti pianeti del sistema solare: Marte, Venere, Giove, e prossimamente Saturno, con i suoi anelli, Mercurio (il più caldo e vicino al sole), Plutone (il più lontano), passando tra comete ed asteroidi».

Un peso particolare quelli «made in Italy» a bordo della sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea: ben 140 chili di tecnologia spaziale con il marchio «Galileo». Tutto questo per generare energia elettrica (ben 64 metri quadri di pannelli solari e12 k.watt di potenza) e per guidare la sonda nello spazio per 10 anni di viaggio verso la cometa. Una rotta sicura senza problemi. Galileo Avionica aveva pensato anche a possibili «sbandate di percorso». Ci avrebbe pensato il sensore stellare, costruito a Campi Bisenzio, con una mappa di oltre 3000 stelle memorizzate nel proprio computer, ad aiutare la sonda Rosetta a ritrovare la strada maestra per giungere sul bersaglio. Un vero e proprio «navigatore» a tutti gli effetti nella galassia.

Made in Galileo anche molte delle attività sul suolo della cometa Churyumov–Gerasimenko da parte di Philae, il lander che si è staccato dalla sonda madre Rosetta. Con la «camera iperspettrale» (prodotta a Campi Bisenzio e capace di fotografare ed analizzare i materiali) verrà osservata la cometa mentre correrà veloce verso il sole, evaporando in una coda luminosa, sotto la sonda madre Rosetta.

Non solo, ricorda ancora l’ingegner Varano, ma «quando Philae sarà ben ancorato (l’assenza di gravità farà sì che il lander, che pesa 100 kg. sulla terra, tenderà a svolazzare, leggero come un foglio di carta), verrà usato il nostro trapano carotatore, pilotato lentamente (due millimetri al minuto) per evitare che scappi via. Sarà perforato il suolo (20cm.), per estrarre campioni di materiale, che verranno distribuiti agli altri strumenti, che faranno le analisi e manderanno i risultati a Terra». «A tutto questo – conclude Varano con immutato orgoglio dopo tanti anni passati in Galileo – hanno pensato i nostri ingegneri».

 

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Sandro Addario

Giornalista

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