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Direzione Pd, nulla di fatto. Renzi ammonisce la minoranza ma non espelle nessuno

Renzi alla direzione Pd
Renzi alla direzione Pd

ROMA – L’attesa riunione della Direzione Nazionale del Pd lascia sostanzialmente le cose come stanno, senza espulsioni e fratture. Le conseguenze si vedranno al momento delle votazioni in aula dei provvedimenti fondamentali per il governo. Matteo Renzi va oltre «la ragioneria dei numeri» e richiama il Pd a quella che definisce «una missione storica»: un governo di legislatura per fare riforme strutturali. E non lancia alcun appello a una tregua interna: «Io non ho problemi di numeri e vado avanti. Chi vuole bloccare le riforme mi tolga la fiducia qui e in Parlamento». Subito dopo la relazione di Renzi, Pierluigi Bersani ha lasciato la riunione senza rilasciare dichiarazioni.

SCUOLA – Prima dell’inizio della Direzione Nazionale gli esponenti Pd sono stati accolti fuori dal Nazareno da un sit in di protesta di decine di insegnanti contro il ddl Buona scuola. Hanno chiesto di vedere il premier Matteo Renzi: «Si confronti con un insegnante davanti alle telecamere». I docenti dicono di essere qui in rappresentanza dei 57.500 insegnanti italiani contrari alla Riforma. «Da un mese e mezzo noi siamo tutti i giorni in piazza a protestare, ma nessuno ci dà voce – dice un’insegnante del gruppo «No al ddl» – siamo già pronti a raccogliere firme per il referendum abrogativo.

ELEZIONI – Quanto all’analisi del risultato elettorale Renzi riconosce che si è perso in Liguria e in Umbria «si è sofferto», l’astensionismo è cresciuto di 11 punti, ammette il premier, ma «tutto il Sud è nostro». Negativo invece il giudizio di Gianni Cuperlo: colpa di una distanza tra il racconto e le urne che «hanno detto che quella strategia non regge l’urto», perdendo voti a sinistra e non sfondando a destra. Dal 41 % di un anno fa al responso di oggi delle urne la «strategia» renziana esce «molto ridimensionata» e il «segnale» mandato dalle urne è quello di «cambiare rotta».

RIFORME – Anche sulle riforme istituzionali Renzi si dice disponibile «a una riflessione purché si chiuda». È l’altro nodo chiave prima della pausa estiva per il Pd. Renzi, nei giorni scorsi, ha sottolineato la sua disponibilità a modifiche anche se, ha osservato sabato, avere un Senato «fotocopia» della Camera è «un errore tragico». L’ipotesi di riscrivere l’art. 2, pilastro del nuovo Senato non elettivo, è quindi lontanissima: significherebbe, di fatto, ricominciare da capo una riforma sulla quale il premier puntava all’ok del Senato entro l’estate. Un punto di mediazione (basterebbe una legge ordinaria) potrebbe allora essere la creazione, al momento delle elezioni Regionali, di listini di consiglieri destinati a ricoprire il ruolo di senatori. Confronto ok a patto di non «continuare a guardarsi l’ombelico mentre l’Italia riparte». E, senza annunciare sanzioni o misure, il premier mette un paletto a «voti di coscienza declinati in correnti» e annuncia un codice di condotta interno. «Quando c’è una questione di fiducia e voti contro, non accetto che gli stessi mi facciano la ramanzina sull’unità del partito».

La partita quindi è rimandata alla discussione dei prossimi provvedimenti e l’arena principale sarà quella del Senato.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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