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Borja Valero

Fiorentina: luci a San Siro. Contro Jovetic, Melo, Mancini …

Borja Valero
Borja Valero: perno della Fiorentina di Paulo Sousa

Mi stropiccio gli occhi guardando la classifica, quasi non ci credo: nel giro di una settimana il mondo viola è cambiato. La notte buia del Basilea ha lasciato il posto a una luce accecante:  due vittorie, belle o brutte fate voi, capaci di proiettare la Fiorentina lassù, dove mancava da un po’ di tempo. E soprattutto, magìa del calendario, pronta a giocarsi addirittura il primo posto sul campo dell’Inter. Il calcio fa anche questi miracoli: che vanno presi con serietà, ma senza patemi. Quasi con allegria. Come Paulo Sousa usa fare, quando esibisce il sorrisetto furbo e distaccato. Dietro il quale nasconde una volontà di ferro e un’organizzazione di staff che sfiora, mi dicono, la perfezione maniacale. Fa finta di nulla, il Mourinho nostrano,ma non lascia niente al caso. Le formazione inedite, dove all’improvviso spuntano i Rebic e i Vecino (a proposito, complimenti a tutt’e due…) sono probabilmente frutto di prove e controprove in allenamento. Alchimie da chimico sapiente, che hanno uno scopo finale preciso: avere sempre una Fiorentina competitiva, in campionato e in Coppa. Penso che anche a San Siro contro l’Inter l’allenatore viola stupirà gli osservatori e il “rivale”, Roberto Mancini.

TABU’ – Credo che rivedremo in formazione Bernardeschi e Pepito Rossi. Davanti all’unico perno insostituibile: Borja Valero. Ma prima di altre valutazioni fatemi dire perché questa partita mi intriga fortemente. La classifica, certo: ma anche il fascino d’incontrare l’Inter nella sua tana. “Luci a San Siro”, di Vecchioni, m’inebriò fin da quando l’ascoltai la prima volta (ahimè tanti anni fa…). In quelle “luci” vedevo qualcosa fuori dal testo del grande Roberto: immaginavo la Fiorentina vincente contro le milanesi. Per un motivo molto personale: cominciai ad andare allo stadio nella stagione 1961-62. Da solo: in Curva Fiesole. Avevo undici anni. Altri tempi? Sì, oggi mi arrabbierei di brutto con le mie figlie se si azzardassero a mandare allo stadio i miei nipotini senza adeguata compagnia. Che cosa mi colpì tanto di quella stagione? Innanzi tutto il fatto che era la mia prima sugli spalti, ma poi una cosa strana: a Firenze, la Fiorentina battè l’Inter di Helenio Herrera 4-1 e il Milan di Rivera e Altafini (poi campione d’Italia) per 5-2. Ma a Milano i viola persero esattamente 4-1 con l’Inter e 5-2 con il Milan. Ribaltamento incredibile ma purtroppo vero. Alla fine del campionato fu “solo” terzo posto. La formazione? Ce l’ho scolpita in testa: Sarti, Robotti, Castelletti; Rimbaldo, Gonfiantini, Marchesi; Hamrin, Bartù, Milani, Dell’Angelo, Petris. Allenatore l’ungherese Nandor Hidegkuti. Stagione soddisfacente, ovvio. Ma quei risultati di San Siro li avevo vissuti come un incubo. Poi, naturalmente, varie volte ho visto i viola vincere a Milano con Milan e Inter, ma la sensazione di uno stadio tabù mi è rimasta.

SOUSA – Per questo vorrei intonare, domenica sera intorno alle 23, quel “luci a San Siro” (naturalmente fra me e me perché non canto come Vecchioni…) che potrebbe contribuire a fare appassire magari definitivamente i brutti ricordi di fanciullo. Un’illusione? Le partite possono prendere mille pieghe. Questa, poi, è una Fiorentina imprevedibile e da scoprire ancora, di volta in volta. Tuttavia, come dicevo all’inizio, Paulo Sousa mi ispira molta fiducia. L’altra sera, dopo il Bologna, in conferenza stampa gli ho chiesto, non senza un pizzico di provocazione, se la sconfitta con il Basilea fosse stata salutare, come un ceffone nel momento giusto. Naturalmente ha risposto di no, perché perdere non va mai bene, ma strizzando di nascosto l’occhio. Credo che quella serataccia gli sia servita per dire qualcosa di preciso ai giocatori: per farli crescere come gruppo. E togliere loro di dosso quei cali di tensione che si rivelarono fatali a Torino (i sessanta secondi dell’uno due granata…) e, appunto, contro il “suo” Basilea. Ma credo proprio che per questa sfida di San Siro non ci siano rischi di scarsa concentrazione. Anzi, la Fiorentina ci arriva motivatissima. I problemi? La carica dei nerazzurri (5 vittorie in 5 partite) e i miglioramenti portati dagli arrivi di Melo a metà campo (un paracarro mobile e dai piedi buoni), di Jovetic, di Perisic e, forse, anche di Ljajic. Tre ex viola su quattro. E anche Mancini è un ex. Ma al buon Roberto sono serviti rinforzi carissimi per mettere su una squadra. Mentre Paulo Sousa ha fatto con quel che … c’era. Non si è prestato alle polemiche per il mercato deludente ed è stato capace di tirar fuori scintille dove di energia elettrica sembrava non essercene molta. Quattro vittorie in 5 partite: come Trapattoni nella stagione 1998-99.  E allora vediamo se sarà capace, un tecnico portoghese che non è Mourinho, di usare queste scariche per accendere la squadra in uno stadio ostico, difficile, spesso scuro per i colori viola. Su, caro “ingegner” Sousa, faccia vedere non tanto gli effetti speciali, ma quelle “luci a San Siro” che aspetto da sempre.

 

Fiorentina, Inter, Roberto Vecchioni


Sandro Bennucci

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