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Tfr in busta paga: un flop colossale. L’ha chiesto, dopo un anno, solo lo 0,74% dei lavoratori

Tfr in busta paga
Tfr in busta paga

ROMA – A un anno dall’avvio della norma sul trasferimento del Tfr in busta paga si conferma il flop della misura con meno dell’1% dei lavoratori interessati che ha chiesto all’azienda di anticipare la ‘liquidazione’ nel proprio stipendio mensile. Il calcolo arriva dalla Fondazione dei Consulenti del lavoro che sottolinea come l’imposizione fiscale su questa scelta (ordinaria e non separata come accade normalmente per il Tfr che si riceve a fine carriera) sia troppo penalizzante per il lavoratore.

CONSULENTI – Questo dato conferma quanto gli stessi Consulenti del lavoro avevano affermato dopo un solo mese dall’applicazione della misura, quando già si prefigurava un flop colossale: «I consulenti del lavoro all’indomani dell’approvazione dell’operazione Tfr in busta paga – aveva affermato la presidente del Consiglio nazionale, Marina Calderone – avevano preventivato una scarsa adesione. Oggi (aprile 2015 ndr) ne abbiamo la conferma è il dato non ci stupisce. Questo insuccesso è l’ennesima dimostrazione che la politica ha spesso la percezione delle esigenze del mondo del lavoro ma non è in stretto contatto con chi parla tutti i giorni con lavoratori e imprese. La bontà del provvedimento è apprezzabile, ma non la sua struttura tecnica poiché la tassazione applicata a questa misura ne ha determinato il suo insuccesso fino ad oggi».

INTERVISTA – Infatti già allora da un’intervista a un campione significativo di coloro che avevano deciso di non chiedere l’anticipo era emerso che la decisione era stata dettata prevalentemente dalla penalizzazione fiscale (il 60% aveva deciso di non chiederlo perché la tassazione ordinaria è troppo penalizzante). Il 16% considerava sbagliato togliere il Tfr dal fondo pensione mentre il 20% non aveva ancora valutato adeguatamente.

I dati pubblicati dopo un anno confermano la dèbacle anche di questa iniziativa pubblicizzata da Renzi come salvifica per incentivare i consumi; evidentemente né gli 80 euro in busta paga, né i promessi 80 euro ai pensionati sono serviti, servono e serviranno ad incrementare i consumi che ancora languono. Sono stati solo spot elettorali attraverso i quali il premier mirava a incrementare i consensi. La prima volta c’è riuscito, ma dubitiamo che gli italiani ci caschino una seconda volta.

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