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Fondi Ue: la Cgia, nel 2015 persi 9,3 miliardi. Botta e risposta col governo che nega

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ROMA – Una vicenda che alla fine ci fa dubitare o della correttezza delle indagini, per la verità mai smentite, della Cgia (Confederazione degli artigiani) di Mestre o delle risposte talvolta parziali e lacunose, per non definirle esplicitamente balle, del governo, ossia di Renzi. Propendiamo nettamente per la seconda soluzione. Ecco i fatti, il tema è al solito l’utilizzo incompleto che l’Italia, soprattutto le regioni del Sud, fanno dei fondi comunitari.

Dice la Cgia che sulla dotazione totale 46,4 miliardi di euro prevista per l’Italia dalla ue per il programma 2007-2013, l’Italia rischia di non utilizzare e quindi di perdere 9,3 miliardi di euro.

CGIA – Era fissata al 31 dicembre 2015 la data entro la quale bisognava far ricorso a questi contributi: il nostro Paese tuttavia alla fine dello scorso anno avrebbe utilizzato solo 37,1 miliardi di euro (pari al 79,9% del totale). All’appello della certificazione mancherebbero quindi 9,3 miliardi di finanziamenti europei, dei quali 6,6 in capo alle regioni e 2,7 miliardi di competenza dello Stato centrale. Per l’ufficio studi degli Artigiani esiste tuttavia un salvataggio in calcio d’angolo dato dal fatto che le Regioni hanno comunque tempo fino al 31 marzo 2017 per presentare le pezze giustificative delle spese sostenute, anche se queste ultime devono essere state fatte entro e non oltre la fine dello scorso anno.

REGIONI – E anche in questo caso esiste una immancabile graduatoria a indicare le aree più veloci e quelle più lente a utilizzare i fondi europei. Ad eccezione della Puglia, fino ad ora sono state le Regioni del Sud a sembrare le meno interessate a pescare da questi tesori. Oltre il 54% delle risorse messe a disposizione delle Regioni e non ancora certificate al 31 dicembre 2015 sono riconducibili alla Sicilia (1,9 miliardi di euro) e alla Campania (1,6 miliardi). In queste due realtà l’incidenza percentuale della spesa certificata sul totale delle risorse europee assegnate ammonta rispettivamente al 66,4 e al 69%. Niente a che vedere con quanto avvenuto al Nord: la Liguria, ad esempio, ha utilizzato il 94,7% della dotazione complessiva, il Friuli Venezia Giulia il 94,1%, la provincia di Trento il 94%, le Marche il 93 e il Veneto il 92,9. Sorprendente il risultato ottenuto dalla Puglia: della dotazione totale, l’incidenza percentuale della spesa certificata al 31 dicembre scorso ha toccato quota 93.

SALDO – L’elaborazione della Cgia ha analizzato anche il rapporto dare-avere tra l’Italia e l’Unione europea. Negli ultimi 15 anni il nostro Paese è risultato essere un contribuente netto, ovvero gli italiani hanno versato più di quanto hanno ricevuto. Tra il 2000 e il 2014 l’Italia ha dato all’Unione europea 210,5 miliardi. Sempre nello stesso periodo ci sono stati “restituiti” 151,6 miliardi di euro di fondi, agevolazioni e contributi vari. Il saldo (negativo per noi) è stato pari a 58,9 miliardi di euro che in termini pro capite valgono 970 euro. Dalla Cgia, infine, ricordano che nel 2014 l’Italia ha versato come contribuente netto all’Ue 173 euro al secondo, 10.355 euro ogni minuto, 621.292 euro all’ ora e 14.910.999 euro al giorno. Se appunto negli ultimi 15 anni abbiamo registrato un saldo di 58,9 miliardi di euro, nel 2014 il nostro contributo netto è stato di 5,4 miliardi, nel 2013 era di 4,7 miliardi, nel 2012 di 5,7 miliardi e nel 2011 di 6,6 miliardi di euro.

ALTRI PAESI – Gli altri Paesi fanno meglio. Se in Italia il saldo pro capite è soltanto di 970 euro, ciascun olandese ha avuto un saldo di 3.690 euro pro capite, i belgi di 3.018, gli svedesi di 2.430, i tedeschi di 2.011 e i danesi di 1.977 euro. Ma questo è dovuto al fatto che sono dotati di un livello di reddito superiore, e più capaci di spendere quello che ricevono.

PALAZZO CHIGI – Puntuale arriva la piccata smentita di Palazzo Chigi, addirittura con un comunicato ufficiale: «In merito a quanto sostenuto dalla CGIA di Mestre, Palazzo Chigi conferma il conseguimento dell’obiettivo del pieno assorbimento delle risorse UE 2007-2013. E’ quanto emerge dai dati sui pagamenti effettuati entro la scadenza del 31 dicembre 2015. La procedura di certificazione delle spese e’ in corso e si completerà come da regola europea il 31 marzo 2017». E in giornata è arrivata anche la smentita personale del premier Matteo Renzi: «E’ finito il tempo in cui si buttavano via i fondi europei», ha affermato nella conferenza stampa dopo la firma del patto per Napoli con il governatore della Campania Emilio De Luca.

REPLICA CGIA – Colpiti sul vivo replicano gli artigiani di Mestre: «i dati che abbiamo presentato che sono, ironia della sorte, di fonte governativa e del ministero dell’Economia. I pagamenti a fine 2015, si legge in una nota secondo la Ragioneria generale dello Stato ammontano al 92,1 per cento del totale dei contributi messi a disposizione dall’Ue mentre la percentuale di spesa certificata è stata pari al 79,9 per cento dei contributi totali. Anche noi abbiamo sottolineato che c’è tempo fino a marzo 2017 per certificare le spese ancora non provate. In più il governo dovrebbe sapere che non è detto che l’Ue li ristorerà tutti. La rendicontazione è un’operazione molto complessa e delicata che in passato non ci ha consentito di utilizzare molti miliardi europei».

Quanto alla scadenza della procedura di certificazione le due versioni concordano, resta il dubbio (fondato) che non tutte le regioni siano riuscite e effettuare i pagamenti entro il 31 dicembre 2015. Le affermazioni della Cgia sembrano più fondate su dati reali, mentre le dichiarazioni governative, in particolare quella di Renzi, ispirate a dare all’opinione pubblica il consueto spottone. La curiosità sarà risolta al momento dei rendiconti da presentare alla Ue, e allora siamo sicuri che Palazzo Chigi avrà pronte altre giustificazioni.

 

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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