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Governo: i vari scenari del dopo referendum. Ancora Renzi, dimissioni, governo tecnico o di scopo

renzi

Negli ultimi giorni della campagna referendria il premier, nel tentativo di acquisire consensi, si è sbizzarrito nelle dichiarazioni più varie, a tutto campo, su tutte le tv, radio e giornali d’Italia e d’Europa. Mai un premier era stato così presente e così attivo nella campagna referendaria e mai gli era stato permesso di farlo, in passato. Da ultimo ha prefigurato anche la possibilità di sue dimissioni, rifiutando di restare a galleggiare e di accordarsi per un governo di scopo o tecnico. E’ questo lo scenario che Matteo Renzi ha tratteggiato in caso di vittoria del No al referendum. Anche se per il premier si tratterebbe solo di una ipotesi di scuola, dal momento che, a suo giudizio, il SI vincerà sicuramente.

VITTORIA DEL NO – Ma anche se vincesse il NO, avvertono gli osservatori di maggioranza e opposizione, gli esiti non sarebbero scontati. Sia perché, come ammette lo stesso premier, in ogni caso si dovrebbe cambiare l’Italicum. Sia perché, notano fonti parlamentari, la bocciatura della riforma non farebbe di per sé mancare la maggioranza politica in Parlamento e dunque il presidente Sergio Mattarella non potrebbe sciogliere le Camere se il governo continuasse ad avere la fiducia.

Finora, da Angelino Alfano a Pier Luigi Bersani, gli esponenti della maggioranza chiedono che Renzi resti anche in caso di sconfitta.Ma sostengono anche che il presidente del Consiglio potrebbe rinviare la formalizzazione le prevedibili dimissioni di un paio di settimane, il tempo necessario per varare la manovra e non lasciare l”Italia scoperta, sotto il tiro dell’Unione Europea, che dal 5 dicembre ci aspetta al varco.

Da quel momento si aprirebbe una nuova partita innanzitutto nel Pd. Qualche renziano ipotizza che il premier in caso di sconfitta premerebbe per modifiche lampo all’Italicum ed elezioni anticipate. Ma nella maggioranza Pd c’è chi sostiene che potrebbe essere disposto ad accettare un governo a termine, per il tempo necessario ad approvare le modifiche alla legge elettorale e arrivare al voto, non guidato da lui ma da un ministro a lui vicino come Pier Carlo Padoan, Paolo Gentiloni o Carlo Calenda.

L’eventuale vittoria del NO cambierebbe gli equilibri interni al Pd: tra gli 87 senatori di maggioranza Dem, infatti, solo 13 sono renziani della prima ora, una quindicina sono i Giovani turchi e un peso preponderante hanno i franceschiniani, che furono già decisivi nel grottesco passaggio da Letta a Renzi, favorito dal vecchio Re Giorgio Napolitano, che non ne vuol proprio sapere di mollare l’osso, tanto che si è impegnato in prima persona per il Si. Poiché al Senato bastano pochi voti a fare la differenza, sarebbero decisivi anche i 20 bersaniani e gli alfaniani-verdiniani nel decidere le sorti della legislatura. Resterebbe infine l’ipotesi di un governo istituzionale magari guidato da Pietro Grasso. In ogni caso, dopo il 4 dicembre ogni nuovo equilibrio andrebbe verificato in Parlamento.

VITTORIA DEL SI – Scenario completamente diverso si prefigura con la vittoria del Sì: sarebbe Renzi indirizzare le modifiche all’Italicum in senso a lui più favorevole, visto che il sistema elettorale sarà determinante anche per gli assetti futuri di centrodestra e centrosinistra, e per scandire i tempi del congresso del Pd. E non è detto che, come oggi scommettono in molti, chiederebbe di anticipare le elezioni. Probabilmente il premier sceglierebbe di arrivare alla scadenza naturale della legislatura, coem ha sempre detto,nel febbraio 2018. Anche perché nella primavera 2017 ci sono due appuntamenti cui Renzi tiene molto, il vertice Ue di Roma e il G7 a Taormina. E passerà anche da lì la lunga volata per le politiche, alle quali il premier potrebbe presentarsi con una nuova squadra di governo, anche se lui ha negato finora ipotesi di rimpasto.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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