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Giornata dei migranti: le associazioni accusano l’Europa e le sue politiche fallimentari

Continuano le incertezze e le indecisioni dell’Unione europea in tema di politica dei migranti. Che sono emersi a maggior ragione proprio oggi nella Giornata internazionale per le migrazioni. Che arriva in uno dei momenti di massima crisi di questa tragica emergenza, a chiusura di un 2016 che, con quasi cinquemila persone che hanno perso la vita sui barconi nel Mediterraneo, ha registrato il più alto numero di morti in mare. E che, di fronte a un fenomeno amplificato da guerre, povertà ed emergenze ambientali, vede un’Europa quanto mai divisa sulla redistribuzione e i collocamenti, lasciando il peso maggiore sui Paesi di primo approdo, Italia e Grecia.

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella auspica che nell’ambito dell’Unione Europea tutti i paesi membri – non solo quelli di primo ingresso come l’Italia – facciano la loro parte sulla base di quei valori di solidarietà ed integrazione su cui si fonda l”Unione stessa.

Ma le organizzazioni umanitarie hanno sovente puntato il dito contro le politiche fallimentari e la tragedia dei quasi 5mila morti in mare nel tentativo di fuggire da guerre, carestie e soprusi. Anche in Italia siamo arrivati a numeri da record (con 170mila arrivi contro i 150mila del 2015). Ad aggravare il quadro le chiusure delle frontiere da parte di Francia ed Austria fanno sì che i migranti approdati sulle coste italiane si trovano intrappolati nel nostro territorio, sottolinea la Ong italiana Weworld, che ha studiato i flussi in particolare a Ventimiglia e a Como, dove, ancora oggi, transitano migliaia di migranti nel tentativo di passare le frontiere di Francia e Svizzera.

In Europa, secondo i dati diffusi da Frontex, sono circa 350.000 i migranti arrivati nello spazio europeo dall’inizio dell’anno: circa 180.000 attraverso la Turchia mentre altre 170.000 – provenienti dalla Libia e dall’Egitto – hanno attraversato il Mediterraneo.

La Comunità di Sant’Egidio accusa la collettività internazionale di essere «miope e colpevole». «Mentre si continua a litigare, talvolta per poche decine di unità (numeri tragicamente ridicoli) da ricollocare da un Paese all’altro, si continua a morire nel Mare Mediterraneo: dall’inizio del 2016 sono quasi 5 mila le persone che hanno perso la vita nei viaggi sui barconi, il numero più alto mai registrato in un anno» accusa, chiedendo a gran voce di realizzare corridoi umanitari sicuri e rilanciare il sistema di sponsorship, «un patto tra lo Stato e l’organismo che richiede il migrante e si occupa di lui per un determinato periodo». «Occorre guardare a modelli come questo, frutto di una preziosa sinergia tra società civile e istituzioni, preoccuparsi di aiutare i Paesi di origine dei migranti – come alcune nazioni africane – e, soprattutto — conclude la comunità di Sant’Egidio— compiere ogni sforzo possibile per arrestare i conflitti che, insieme ad un gran numero di vittime, provocano al tempo stesso gli enormi flussi di rifugiati a cui assistiamo.

Effettivamente il percorso indicato da Sant’Egidio sarebbe quello giusto, ma è reso estremamente difficile dall’assenza di coordinamento e collegamento fra i 28 Stati Ue. Il problema fondamentale da risolvere è sicuramente quello di realizzare finalmente un intervento serio di aiuti alle popolazioni che fuggono da guerre, persecuzioni, carestie, fame in modo da evitare gli spostamenti biblici che continuano incessanti e irrefrenabili. Ma occorrerebbe un controllo sugli investimenti che pure sono stati fatti, e ingenti, ma sono stati inevitabilmente gestiti dai governi dei Paesi di destinazione, che non hanno saputo risolvere i problemi e non hanno alleviato la situazione delle popolazioni. Sono state produttive solo alcune iniziative, pure importanti, di Onlus che hanno agito direttamente nei paesi interessati, creando ospedali, scuole, piccole aziende e fabbriche per valorizzare i prodotti locali. si tratta di una goccia nel mare, ma è la via giusta da seguire e può essere seguita solo da una comunità europea che finalmente rinunci agli egoismi, si faccia valere sul piano internazionale e realizzi direttamente, in accordo con i governi (senza lasciar loro completa mano libera) quegli interventi necessari per dare una prospettiva di lavoro e di pace. In questo dovrebbe dare una mano anche l’Onu, ma temiamo che questa scarsamente utile comunità internazionale continui a svolgere quell’azione completamente improduttiva che l’ha caratterizzata finora.

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Ezzelino da Montepulico


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