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Economia: è tornata (+0,6%) l’inflazione a dicembre nell’Eurozona. Anche per l’Italia +0,1%. I dati dell’Ocse

ROMA – In lieve recupero l’inflazione in Italia, anche se nell’anno appena trascorso i prezzi registrano una variazione negativa (-0,1%). Nel mese di dicembre 2016, secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,4% rispetto al mese precedente e dello 0,5% nei confronti di dicembre 2015. La ripresa dell’inflazione a dicembre 2016 è dovuta principalmente alle accelerazioni della crescita dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+2,6%, da +0,9% di novembre), degli Energetici non regolamentati (+2,4%, da +0,3% di novembre) e degli Alimentari non lavorati (+1,8%, era +0,2% il mese precedente). A dicembre l’inflazione di fondo sale a +0,6% (da +0,4% del mese precedente); al netto dei soli beni energetici si attesta a +0,7% (da +0,4% di novembre).

PREZZI – Dopo trentaquattro mesi di variazioni tendenziali negative, i prezzi dei beni tornano a registrare una variazione positiva (+0,1% da -0,4% di novembre), mentre il tasso di crescita dei prezzi dei servizi accelera, portandosi a +0,9% (era +0,5% a novembre). L’aumento su base mensile dell’indice generale è principalmente dovuto agli aumenti dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+1,9%), degli Energetici non regolamentati (+1,1%), degli Alimentari non lavorati (+1,0%) e dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,5%). I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona crescono dello 0,4% in termini congiunturali e dello 0,6% in termini tendenziali (da -0,1% di novembre). Cresce anche il carrello della spesa. I prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto aumentano dello 0,3% su base mensile e dell’1% su base annua (era +0,5% a novembre) nei confronti di dicembre 2015.

OCSE – L’Ocse comunica i dati nell’Eurozona, dove l’inflazione segna un lieve rialzo dello 0,6% a novembre su base annua dal +0,5% del mese precedente e in Italia sale dello 0,1% dal -0,2% di ottobre. L’Ocse precisa che in Francia l’indice è salito allo 0,5% (da 0,4% di ottobre) mentre in Germania è rimasto stabile a +0,8%. Al netto delle componenti alimentare ed energia, l’indice dei prezzi al consumo per l’intera Eurozona risulta stabile allo 0,8% per il quarto mese consecutivo. Nell’area Ocse l’inflazione ha registrato, sempre a novembre, una lieve crescita tendenziale dell’1,4% da 1,3% di ottobre trainata prevalentemente – spiega l’Organizzazione parigina – dai prezzi di energia e alimentari.

GERMANIA – L’indice dei prezzi tedesco è addirittura balzato dell’1,7%, il maggior aumento da quando vengono pubblicati i dati armonizzati. Questo ha fatto subito affilare gli artigli ai falchi, che hanno iniziato a chiedere a Draghi di rivedere il programma di acquisto di titoli pubblici. Il tabloid tedesco Bild chiama in causa il presidente della Bce: «Tasso Zero + 1,7% inflazione = via i risparmi», scrive il giornale di Axel Springer. Riprendendo i dati divulgati due giorni fa sull’inflazione tedesca di dicembre, Bild sentenzia: «Solo Mario Draghi può stoppare questi sviluppi». La Bce ha lasciato il tasso a zero, ricorda, ma molti esperti dicono: i tassi devono finalmente risalire, si legge. Il giornale riporta il parere del capo dell’istituto tedesco Diw, Marcel Fratzscher «quanto prima si raggiunge l’obiettivo del 2%, tanto più velocemente si possono alzare i tassi». E della saggia economica Isabel Schnabel, «l’uscita dalla politica monetaria ultraespansiva dovrebbe essere avviata presto». Una decisione in questo senso potrebbe mettere in difficoltà l’Italia. Il Quantitative easing contiene gli interessi che Roma paga sul debito pubblico, che sono scesi dai quasi 90 miliardi del 2012 ai 66 miliardi di quest’anno. Per il prossimo anno il Tesoro stima una ulteriore riduzione a 63,5 miliardi. Difficile però che Draghi riveda la decisione appena presa di prorogare per tutto il 2017 l’acquisto dei titoli.

ITALIA – Ma ad essere preoccupato dovrebbe essere soprattutto il Governo italiano, che ha ereditato da Renzi una situazione economica disastrosa, con l’industria che non riparte e la deflazione che ci ha riportato indietro di 59 anni, bel record del rottamatore. In mancanza di aumento di occupazione o dei salari la deflazione, comunque, difende il potere di acquisto delle famiglie, mentre l’inflazione lo erode. Si dovrebbe pensare perciò, in caso di ritorno al 2% dell’inflazione come auspicano i tedeschi, a un ombrello di protezione per le categorie più esposte, come ad esempio i pensionati che sono stati privati in modo truffaldino della perequazione degli assegni, garantita solo ai redditi minimi, sforbiciata a quelli medi e eliminata addirittura per quelli pretesi alti. Per i quali il sistema dovrebbe essere riattivato solo nel 2019. Ci saranno nel frattempo le pronunce della magistratura ordinaria e contabile, altre sentenze della Consulta che certamente daranno ragione ai milioni di pensionati che hanno fatto ricorso, ma sarebbe opportuno che l’esecutivo rimediasse autonomamente e in anticipo ai guasti del passato governo.

Eurozona, inflazione, Italia, pensioni, perequazione

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