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Occupazioni abusive: circolare Viminale dispone mappatura edifici privati, con la scusa di tutelare i proprietari

La direttiva sugli sgomberi del Viminale, preannunciata e attesa dopo i fatti di via Curtatone a Roma, non ha portato eccessiva chiarezza nell’indicare ai prefetti la strada da seguire, anzi alcuni passaggi del documento firmato dal capo di gabinetto del Viminale, Mario Morcone, destano perplessità, prestandosi a letture che potrebbero indurre a requisire appartamenti o palazzi privati da tempo sfitti per metterli in condizione di rispondere all’emergenza abitativa. Un esproprio sarebbe quindi possibile? La parola non è mai citata espressamente, ma la preoccupazione c’è, anche se il Viminale – assicura – con la mappatura punterebbe solo a prevenire nuove occupazioni attraverso «un’attenta vigilanza dei territori e degli immobili non utilizzati».

La previsione che tutte le case sfitte – anche quelle di proprietà di privati – siano mappate per un loro «riuso a fini abitativi» ha messo in allarme Confedilizia e non solo: «Le proprietà dei privati non appartengono allo Stato…. Non possiamo non manifestare la nostra preoccupazione — sostiene Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia —. Il governo dovrebbe avere come obiettivo quello di far sì che siano sotto controllo gli immobili pubblici, cosa che in moltissimi casi non è. Di quelli privati dovrebbe interessarsi per favorirne la liberazione dagli occupanti abusivi e non per lanciare messaggi inquietanti. E non si dica che alimentiamo la sfiducia o la paura: l’atteggiamento tenuto negli anni dalle istituzioni nei confronti del diritto di proprietà giustifica ampiamente la più totale diffidenza».

Ma lo schema d’azione indicato dal Ministero parrebbe escludere quest’eventualità. Sulla base delle indicazioni della cabine di regia del Viminale, il Comitato Metropolitano, presieduto da sindaco e prefetto, analizza la situazione degli immobili occupati e le criticità in relazione alla tipologia degli edifici e dei soggetti presenti.

I prefetti pianificano le attività necessarie per eseguire gli sgomberi, verificando sempre che siano garantiti «ordine pubblico, sicurezza, incolumità e salute pubblica, nonché le tutele alloggiative» a chi ne abbia diritto. In cima alla scala di priorità degli interessi che il prefetto deve considerare ci sono i soggetti fragili: la tutela dei nuclei familiari in situazioni di disagio economico e sociale è infatti «condizione prioritaria» per definire le modalità di esecuzione delle operazioni di evacuazione forzata.

Il Viminale cerca di spazzar via ogni dubbio e sottolinea esplicitamente che le verifiche degli immobili sfitti, anche di privati, sono tese invece a creare maggiori tutele per i privati. Ma si sa, Giulio Andreotti diceva che a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.

A chiarire l’equivoco,  a sostegno di Morcone,  arriva il presidente dell’Anci, Antonio Decaro: «Non è in discussione un’assurda ipotesi di espropri. Piuttosto in alcuni comuni si può lavorare sulla fiscalità, per indurre i proprietari di case ad affittare gli appartamenti a prezzi più accessibili». Mettendoci dentro i migranti sgomberati, a prezzi di liquidazione e senza alcuna garanzia di riavere indietro l’appartamento, e soprattutto in quali condizioni.

A tal proposito mi viene in mente un detto popolare padovano: «Xe pèso el tacòn del buso» (E’ peggio la toppa del buco). Il rimedio è peggiore del danno, così si profila l’avvenire dei proprietari di case dopo la soluzione trovata dal ministero dell’interno in combutta col presidente Anci (Pd), e con le associazioni benefattrici cattoliche e di sinistra. Tutti ovviamente favorevoli all’accoglienza e alla sistemazione delle  moltitudini di migranti, dimenticando troppo spesso i diritti di chi segue la strada corretta (non la scorciatoia delle occupazioni abusive pilotate da centri sociali o comitati di lotta per la casa)  per ottenerne la tutela.

 

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Ezzelino da Montepulico


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