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Sergio Pezzati e quella Dc che non aveva bisogno di credenze estreme

Sergio Pezzati
Sergio Pezzati

Non dirò che fossero passate poche ore, certo pochissimi giorni, dal nostro ultimo incontro, quando mi fu recata, una sera, la notizia della sua morte. Lo avevo visto fisicamente segnato, ma indomito per quanto potesse. Più di me. Forse perché aveva quattro anni meno di me. Nei nostri incontri in casa mia, dove lui gentilmente veniva, si parlava del futuro del regionalismo (meglio, delle Regioni) in Italia. E d’un avvenire del movimento politico dei cattolici italiani, se mai più ci sarà. Le nostre vite sono corse parallele, per varietà di sentire e di esperienze nella stessa Democrazia Cristiana. Sergio Pezzati veniva, negli anni Cinquanta, da una “rivoluzione generazionale” nella DC fiorentina, dove io ero cresciuto accanto ad una classe dirigente più anziana che definirò genericamente degasperiana.

Di quel gruppo di giovani, del quale io non fui parte, si trovavano personaggi che non potevano stare insieme: Edoardo Speranza, Nicola Pistelli, Sergio Pezzati. E insieme non stettero. Confesso di essere attento ai segni, oscuri del sentire dell’animo. Sfogliavo, per una ricerca, un libretto di Emmanuel Mounier, edito dalla Libreria Editrice Fiorentina nel 1951, risalente all’inverno 1943-1944. Con le sfumature dovute alla differenza di età, io e Pezzati eravamo figli di quell’inverno. E mi ero soffermato a pagina 39 dove si legge dell’elemento meraviglioso del cristianesimo: “Chi apparirà più forte? I più moderati, quelli che non hanno bisogno di credenze estreme”. E’ questo l’elemento che non si deve dimenticare se si vuole capire la vicenda (anche confusa) di quella generazione della quale io e Pezzati siamo stati parte in modo diverso.

Non abbiamo accettato, né seguito le credenze estreme. Pezzati veniva da una formazione nell’Azione Cattolica. Io no. Abbiamo fatto esperienze negli Enti Locali, io assessore nel Comune di Carmignano, lui consigliere provinciale e sindaco di Poggio a Caiano. Siamo stati entrambi segretari provinciali della DC. Lui deputato, io senatore.

E così, nei giorni della vecchiaia, ci siamo ritrovati a sperare in uno stesso futuro, per un’altra generazione, rifiutando le credenze estreme. Lui fu attento e impegnato nella vita attiva delle relazioni sociali, io nella formazione dei giovani democristiani, sollecitando la loro riflessione sull’Europa e sul mondo, anche attraverso esperienze dirette. Era metodico, riflessivo, forse un po’ nobilmente burocrate. Sorrido pensando a una sorta di miracolo geometrico: due parallele che si sono incontrate. Forse fu il risultato del rifiuto delle credenze estreme, senza ingenuità. Io non sono un cronista. E Pezzati è stato un valore civile e politico.

 

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Dc, Ivo Butini, Sergio Pezzati


Ivo Butini

Presidente Istituto di studi politici «Renato Branzi»
già Senatore della Repubblica

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