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Domenico ci mostra i rasoi di una volta

L’ultimo “Figaro” del centro storico fiorentino

Domenico ci mostra i rasoi di una volta
Domenico ci mostra i rasoi di una volta

FIRENZE – E’ arrivato a Firenze alla fine degli anni ’50 e da allora non ha più abbandonato forbici e rasoio. Domenico Di Mascolo, 73enne originario di Latina, è considerato uno degli ultimi Figaro della città.

Quando ci apre le porte della sua bottega, al numero 59 rosso di via Faenza (a pochi passi dalla Stazione centrale) di fronte al cinema Ciak, abbiamo subito la sensazione che il tempo tra quelle mura spruzzate di bianco e celeste si sia fermato. Complice l’arredamento che rimanda ai negozi di un tempo: sedie girevoli nere in pelle e lavabo bianchi antistanti a ciascuna postazione. Per non parlare del mobiletto in vetro accanto alla porta principale che racchiude ancora i rasoi a mano libera ormai in disuso.

L'interno del negozio
L’interno del negozio

“Sono tra coloro che hanno conservato l’essenza di questo mestiere antico – racconta Domenico, avvolto nella canonica blusa bianca tipica dei barbieri di una volta – ed io, a differenza dei giovani che oggi preferiscono spendere soldi frequentando corsi, ho imparato andando a bottega, spiando con gli occhi”. Una passione, quella di Domenico, che affonda le radici nel 1948 quando suo padre lo accompagnava a tagliarsi i capelli. “Da allora mi sono appassionato a quella che io considero un’ arte, tanto che la mattina andavo a scuola e il pomeriggio lavoravo. A volte, poi, per guadagnare qualcosa in più andavo a filare i rasoi sulla pietra. E guai a farsi vedere distratti o a sfogliare il giornale”.

Ma cos’è cambiato da quell’anno? Come si è evoluto questo mestiere? “Tante cose sono cambiate a partire dall’uniforme che mentre una volta era obbligatoria, pena multe salatissime, oggi invece è stata sostituita dall’abbigliamento da tutti i giorni. Inoltre – ricorda ancora Domenico che prima ancora di diventare titolare dell’attuale negozio (peraltro ereditato a sua volta da un barbiere), negli anni ’60 lavorava al “diurno” della stazione Santa Maria Novella dove studenti, cittadini e turisti usavano lavarsi – il barbiere era un punto di riferimento; i clienti arrivavano, si chiacchierava di calcio e di politica ed io non nascondo che facevo anche un po’ da psicologo. Oggi invece questo aspetto si è in parte perso, così come la qualità del lavoro e della manualità  e non ci dimentichiamo – tiene a sottolineare Domenico – che un tempo si usavano macchinetta a mano e rasoio a mano libera, quindi la precisione era importantissima. Non dimenticherò mai quando dopo il lavoro si andava a prendere l’aperitivo al bar accanto all’allora cinema Columbia o quando, soprattutto d’estate, si giocava a pallone per la strada tra il garagista e il carbonaio. Via Faenza era completamente diversa, poi è sopraggiunto il degrado e la preoccupazione dei commercianti e dei residenti della zona. Fino a quando l’amministrazione non ha reso la strada pedonale, ha installato le telecamere e rifatto il manto stradale”.

Domenico al lavoro
Domenico al lavoro

Insomma, il barbiere rappresentava per tanti un appuntamento fisso, quasi irrinunciabile ma quali erano i tagli che andavano per la maggiore? “La gente si divideva  tra il taglio alla ‘maschietta‘ (capelli più lunghi) e il taglio all’ ‘Umberto‘ (capelli più corti con riferimento al re d’Italia). Poi è arrivata la moda della permanente, quella del taglio alla tedesca ed ora – storce un pò il naso Domenico – la cresta ma il taglio classico non tramonta mai“. “C’è però un aspetto che non è mutato: il prezzo – fa sapere il nostro ‘Figaro’ -; nonostante il passaggio all’euro il costo del taglio non è aumentato e se prima lo facevo pagare 20mila lire oggi lo faccio pagare 10euro”. In che modo, invece, si è messo al passo coi tempi?  “Malgrado mi sia documentato sulle tendenze contemporanee, continuo a tagliare alla vecchia maniera, pure ai turisti che passano di qui. Certo, l’inglese non lo parlo – scherza Domenico – ma a gesti ci capiamo”. E alla domanda: “qualcuno è mai rimasto deluso?”, Domenico non ha alcun dubbio: “sarò anche vecchio ma per uno come me che ha dedicato la sua vita a questo mestiere, è impossibile non accontentare”. In ‘barba’ ai malfidati.

Arti e mestieri


stefania ressa

Giornalista

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