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Cappella Rucella Alberti (Foto Dario Lasagni)

Il Tempietto della Cappella Rucellai, capolavoro tra classicità e contemporaneo

Cappella Rucella Alberti (Foto Dario Lasagni)
Cappella Rucella Alberti (Foto Dario Lasagni)

FIRENZE – Riapre la Cappella Rucellai. E con essa si apre alla città la visione di quel piccolo capolavoro che fu ed è il Tempietto del Santo Sepolcro, opera di Leon Battista Alberti. Restaurato grazie al sostegno della Fondazione Marino Marini di Pistoia si potrà visitarlo utilizzando un passaggio aperto all’interno della chiesa di San Pancrazio, oggi Museo Marino Marini.

Il Tempietto fu realizzato nel 1467 poco prima che l’Alberti lasciasse Firenze per Roma dove morì nel 1472. L’opera fu commissionata da Giovanni di Paolo Rucellai per il quale l’architetto aveva progettato anche il Palazzo e la Loggia nell’odierna via della Vigna nuova.

L’Alberti fu architetto, umanista, scrittore, uomo dalla cultura vasta e poliedrica, conoscitore dei classici e amico di filosofi e studiosi. Nelle sue opere, dalla facciata di Santa Maria Novella, al Tempio Malatestiano di Rimini, alle tre importantissime opere realizzate per la famiglia Rucellai, costante è la ricerca del ritmo e della misura. La composizione equilibrata del Tempietto, definita dalla bicromia delle decorazioni marmoree che ne reticolano la superfice e ancor più marcata dall’utilizzo degli ordini architettonici classici suggerisce una compostezza tutta classica.

Le tarsie marmoree dalle forme naturalistiche e geometriche inserite nella quadrettatura della superfice del Tempietto si affiancano alle imprese araldiche della famiglia Rucellai e della famiglia Medici che raccontano l’intreccio di alleanze e parentele nella Firenze del Quattrocento. L’opera rimane una fra le più importanti del primo Rinascimento. Una somma di elementi che, come nella facciata di Santa Maria Novella, sanno dialogare tra loro e ci restituiscono un unico discorso, sempre comprensibile, in termini di eleganza e bellezza.

I tempi cambiano. Ma la lezione albertiana sul contemporaneo è ancora attualissima.

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