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Il rischio Prima Repubblica

FIRENZE – La campagna elettorale era partita con la quasi matematica certezza che il centrosinistra avrebbe vinto, anzi stravinto, le elezioni. E avrebbe trovato nella coalizione centrista di Mario Monti una comoda opposizione della regina, con il centrodestra e i vari partitini anti-sistema ridotti a una sparuta rappresentanza.

Un mese e mezzo dopo la situazione è radicalmente cambiata: non solo perché il centrodestra ha riguadagnato molti punti e dopo un anno di sonno con il sostegno a Monti è tornato a solleticare le corde degli elettori moderati, ma anche perché hanno preso fiato le forze più anti-sistema, a iniziare dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che rischia di combinarla grossa. E non solo: la Rivoluzione civile di Antonio Ingroia sembra, di fatto, aver svuotato Sel, smontando l’abile mossa di Pierluigi Bersani di pararsi a sinistra con Nichi Vendola.

Anche i centristi, seppur sembrerebbe ridimensionati rispetto al periodo d’oro di Monti premier, avranno una rappresentanza sufficiente a farli entrare nei giochi post-elettorali. Mentre pare ci siano poche chance per radicali (l’amnistia in un momento di crisi economica non appare proprio una priorità) e per il mite Oscar Giannino, anche se lo scandalo della laurea e del master fasulli lo hanno portato sulle prime pagine di tutti i giornali. Certo, in negativo. Ma ora tutti sanno che esiste.

Già gli scandali: gli impresentabili prima, Mps poi, le tangentopoli di varie parti d’Italia, Finmeccanica.  Hanno segnato la campagna elettorale e questo non aiuta a rasserenare il clima elettorale e a far compiere all’elettore una scelta pienamente consapevole. La sensazione è che abbiano dato ossigeno al voto di protesta, mentre il Pd-vincitore-sicuro sembra essere arrivato al rush finale col fiato corto: le primarie per la leaderaship con uno scontro all’ok Corral Bersani-Renzi prima e le elezioni per i parlamentari poi hanno fiaccato non poco la struttura, che certo non è più quella di una volta.

La campagna di Bersani, a livello mediatico, è stata una delle meno significative che si possano ricordare: tutta giocata in difesa, senza riuscire a dettare l’agenda che come partito di presunta maggioranza relativa avrebbe dovuto programmare. Come se non bastasse, Matteo Renzi in queste ore sta giocando il ruolo del fedele “secondo” ma è facile immaginare che un minuto dopo la chiusura delle urne riprenderà la sua lotta per la leadership interna, rinvigorita da un gruppetto di fedelissimi parlamentari che avranno anche una sede separata rispetto a quella “ufficiale” del Pd.

Al contrario, Silvio Berlusconi, dato politicamente per morto sole poche settimane fa, ha inanellato successi mediatici a ripetizione a iniziare dalle comparsate in tv, l’Imu etc. Basteranno a recuperare la fiducia degli elettori? I sondaggi ufficiali non si possono divulgare e anche le simil-corse dei cavalli di Nota politica danno poche certezze. Lo diranno gli elettori questo week-end, ma una cosa sembra certa: chiunque riuscirà a conquistare la maggioranza della Camera è probabile che non abbia quella del Senato, dove i premi vengono assegnati regione per regione. 

Il timore è che da martedì mattina si torni ad assistere ai vecchi riti della Prima Repubblica, dove i partiti sconfitti facevano valere i loro seggi in cambio di poltrone. A iniziare dalla Poltrona con la P maiuscola: quella del prossimo presidente della Repubblica. Scene che il sistema maggioritario aveva consegnato al passato, ma che questa volta difficilmente il Porcellum potrà evitare.

Per questo prima che le urne si aprano resta un’amarezza di fondo relativa alla data del voto (in caso di neve Pd e Pdl avranno guai ulteriori) e alla legge elettorale. La colpa più grande del Porcellum non è certo quella di aver tolto le preferenze, come il caso Er Batman ci ha recentemente ricordato, chieste solo dai nostalgici della Prima Repubblica, ma di aver trasformato un sistema uninominale maggioritario in un vecchio schema proporzionale, seppur con premio di maggioranza.

Questo ha dato fiato a tanti partitini che finora hanno giocato alle comparse ma che in un momento di difficoltà delle due più forti coalizioni rischiano avere molto di più che un semplice “diritto di tribuna” rendendo molto complicato il governo e il futuro di questo Paese.

elezioni 2013, pd, pdl, pierluigi bersani, silvio berlusconi

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