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Svuota province, il Governo ci riprova

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Antonio Saitta, presidente dell’Upi

Il disegno di legge, detto «svuota province», approvato in questi giorni dalla Camera, prevede l’abolizione di giunte, presidenti e consiglieri provinciali e costituisce il prologo della definitiva abolizione di tali enti. Individua nove città metropolitane e incentiva unioni e fusioni di comuni. Il ministro degli Affari regionali Graziano Delrio, che ha presentato il progetto, è soddisfatto: «È la prima riforma istituzionale da tanti anni. E lo ritengo un testo molto buono».

CRITICHE – Fioccano però le critiche, prima di tutto sui costi. L’on. Renato Brunetta (FI) prevede risparmi irrisori, il presidente dell’Upi, Antonio Saitta, addirittura un aumento della spesa. Replica Delrio: «I risparmi certi sono di 160 milioni dovuti al fatto che 5mila politici non verranno più pagati. Ma si stimano altri risparmi importanti perché le province non si occuperanno più di alcune funzioni – come turismo, cultura, sport, promozione di fiere – che vengono già svolte dal livello comunale. Noi presumiamo risparmi attorno al miliardo di euro. (…)Le province in questa fase di transizione diventeranno enti di secondo grado e manterranno soltanto le funzioni di cosiddetta area vasta, come la pianificazione del territorio, dell’ambiente, della rete scolastica del territorio. L’unica funzione di gestione diretta riguarderà la pianificazione, costruzione e manutenzione delle strade provinciali. Con la redistribuzione di funzioni e personale tra regioni e comuni viene redistribuito sia il patrimonio sia il personale, circa 56 mila persone.»

PRESIDENTE UPI – Secondo Saitta ci sarà però una moltiplicazione di enti strumentali e agenzie regionali. Afferma il presidente dell’Upi: «Nella legge c’è scritto che vengono soppresse le agenzie egli enti e sub-enti di carattere provinciale: ne rottameremo circa 2000. E non capisco perché dovrebbero moltiplicarsi quelli regionali». Saitta è contrario al provvedimento e cita in suo favore un sondaggio prodotto dall’istituto di Renato Mannheimer una settimana fa. Otto italiani su dieci giudicano prioritaria la riduzione del numero e delle indennità dei parlamentari, sette su dieci il taglio del numero e delle indennità dei consiglieri regionali, sei su dieci la riduzione degli stipendi dei manager delle aziende statali, cinque su dieci il taglio delle società statali e parastatali. Solo il 15% considera prioritario riformare le Province. Aggiunge Saitta: «Il Governo si è arreso di fronte alla grande burocrazia statale, pronta a riformare tutto pur di non riformare sé stessa. L’alternativa è il dimezzamento delle Province, che ci vede favorevoli, unito all’accorpamento degli uffici periferici dello Stato, prefetture, questure, provveditorati, motorizzazioni e all’eliminazione delle 3.700 società pubbliche che spesso fungono da poltronifici. Avremmo portato a casa 5 miliardi di risparmi».

PROSPETTIVE – Credo che il Presidente dell’Upi abbia in parte ragione. È pur vero che bisogna partire con qualche provvedimento iniziale per ridurre i costi della politica, finora immutati ed immutabili, ma le province costituiscono poca cosa rispetto all’enorme costo e agli enormi sprechi delle gestioni delle regioni – di cui vanno ridotti ambiti di competenze, personale e poltrone politiche – delle società pubbliche partecipate, degli uffici pubblici periferici. Riduciamo inoltre, in primis, numero di parlamentari, prebende e privilegi degli organismi costituzionali. Solo così si arriverà a diminuire radicalmente i costi della politica, ma questo sembra un traguardo difficilmente raggiungibile, nonostante la buona volontà e le dichiarazioni del premier Enrico Letta.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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