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Attenti alle sforbiciate sui prefetti: sono la spina dorsale dello Stato

Il Viminale, sede del ministero dell'Interno
Il Viminale, sede del ministero dell’Interno

Alcuni casi recenti che hanno gettato una luce negativa sulla classe prefettizia, per colpa di alcuni comportamenti singoli, hanno riproposto ancora una volta l’antico quesito. Sono ancora utili i prefetti? Oppure, come sostenne l’allora Capo dello Stato Luigi Einaudi, debbono essere aboliti? La questione è tornata di attualità anche nel quadro della discussione delle riforme promesse dal governo Renzi.

VIA IL PREFETTO – Ricordiamo ai più giovani che Einaudi scriveva nel lontano 1944 che «il prefetto è una lue che fu inoculata nel corpo politico italiano da Napoleone» e ne chiedeva l’abolizione: «Via il prefetto!». Un anatema che credevamo ormai sorpassato e sepolto dalla storia. Qualche editorialista ha ripreso invece quelle parole, sottolineando che «settant’anni dopo i prefetti invece proliferano e – come Einaudi aveva previsto in quel suo scritto – attorno all’«aduggiante palazzo del governo» è sorta «una fungaia di baracche e di capanne» nella quale si muove un ceto di mandarini, alcuni dei quali via via ci gratificano di scandali grandi e piccoli».

CASI  – E di seguito vengono elencati i casi recenti, e purtroppo reali, di prefetti che hanno dato le chiavi di un parco storico a sottosegretari che vi facevano jogging, o si sono posti al servizio di famiglie della finanza milanese finite in carcere, o hanno accolto in prefettura qualche olgettina.  Il governo precedente, nota l’editorialista, ha per di più nominato 22 nuovi prefetti, portando così il totale a 213 per 103 prefetture. E conclude : «Via il prefetto. Così scriveva Einaudi nel 1944. Chissà se nel 2014 un grido simile uscirà dalla bocca di Matteo Renzi.»

PREFETTI – Non voglio qui fare un asettico elogio della categoria, della quale mi onoro di far parte, e riconosco che le vicende ricordate sono reali. Sento il dovere però di intervenire in favore di tantissimi funzionari che in ogni angolo d’Italia svolgono con competenza e sacrificio compiti difficili e delicati a difesa della legalità e della sicurezza pubblica, al servizio dei cittadini e delle collettività locali. Le annotazioni negative sopra ricordate non possono far passare nel dimenticatoio l’attività indefessa e stressante che proprio in questi giorni svolgono i colleghi che stanno 24 ore su 24 al Porto di Augusta, come in altre prefetture di frontiera della Sicilia e della Calabria, per curare le operazioni di sbarco di migliaia di migranti. E si tratta di uffici dove sono attestati talvolta 4 o 5 funzionari, oltre al prefetto, che da mesi e mesi sostengono ritmi impossibili. Così come in tutte le prefetture d’italia ci si organizza, insieme alle altre istituzioni locali e al volontariato, per accogliere decine di migliaia di migranti che sbarcano continuamente sulle nostre coste divenute frontiera d’Europa. Nell’assoluto disinteresse delle istituzioni europee e della Cancelliera Merkel, che pure avevano promesso interventi, quanto meno finanziari.

MAFIA – Ma analoghe considerazioni valgono per i tanti funzionari che combattono contro il terrorismo, la malavita, l’illegalità, le azioni violente di gruppi organizzati, come è successo a suo tempo a me e ai colleghi delle prefetture di Padova e Torino. Senza dimenticare l’attività meritoria delle commissioni prefettizie che gestiscono i tanti comuni sciolti per mafia, la cui azione è stata assolutamente dimenticata, per colpevole disinformazione, nell’articolo citato. I prefetti non sono mandarini; qualcuno purtroppo indulge e indulgerà a sfoggiare orpelli fuori dal tempo, a reagire in modo eccessivo nei confronti di chi non ha utilizzato appellativi desueti (eccellenza), che lui riteneva dovuti, ma non è corretto generalizzare.

GOVERNO – Nel governo ci sono persone che debbono essere aiutate a comprendere i meccanismi dell’amministrazione, che non conoscono a fondo l’ordinamento centrale e periferico della nostra repubblica, nell’ambito del quale i prefetti hanno sempre svolto funzioni di garanzia e di equilibrio. Lo sanno bene i sindaci, soprattutto dei piccoli comuni, che ai prefetti si rivolgono con fiducia per avere sostegno e appoggio e lo sanno anche i governatori che con i prefetti collaborano con risultati molto positivi nell’ambito della protezione civile, dell’accoglienza degli immigrati, della tutela e della sicurezza del lavoro, dell’ordine e della sicurezza pubblica in generale, degli interventi necessari per alleviare il disagio sociale.

RIFORMEDi tutto questo dovranno essere consapevoli coloro che porranno mano alla riforma complessiva del sistema centrale e periferico dello Stato. La preannunciata abolizione delle province, alla quale molti legano le sorti anche delle prefetture, non è data per scontata anzi probabilmente il progetto definitivo trasformerà, almeno per qualche anno, quegli enti in agglomerazioni di comuni di ambito corrispondente alla vecchia provincia, con organi non eletti dai cittadini. In questo spirito è giusto che anche lo Stato si trasformi, che elimini strutture sovrabbondanti, soprattutto a livello centrale, mantenendo però quegli uffici essenziali che rappresentano lo Stato, e che servono a far funzionare la pubblica amministrazione locale. Questi avamposti del governo, uniti intorno al prefetto, potranno continuare ad essere, anche nei momenti di difficoltà, il punto di riferimento indispensabile per i cittadini e per le comunità locali sul territorio.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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