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Calcio storico: io, calciante bianco ferito due volte, voglio una rifondazione vera

Scrivo nonostante due ferite che fanno male. La prima è solo la conseguenza dell’operazione per ridurre la frattura del perone della gamba destra, dopo l’infortunio che mi ha costretto a lasciare piazza Santa Croce dopo i primi minuti della partita con gli Azzurri. La seconda, se possibile più lancinante, è la cancellazione della finale del 24 giugno. Non soltanto perché i Bianchi l’avevano conquistata sul campo battendo i rivali storici, gli Azzurri, al termine di una partita combattutissima e leale, ma anche perché, da fiorentino, non riesco a immaginare un San Giovanni, festa del patrono, senza Calcio in costume.  E francamente sono addolorato perché ai Bianchi sia stata ingiustamente tolta la possibilità di giocare e lottare per  il palio e, simbolicamente, la vitella, già riconquistati nel 2012, dopo 31 anni.

Voglio subito precisare che non assolvo a priori i calcianti, che certamente hanno delle responsabilità, in particolare quelli che non hanno rispettato la decisione dei giudici di mandarli fuori. Ma non posso fare a meno di mettere il dito sulla piaga vera: ossia indicare come primi responsabili della caduta nel baratro del Calcio in costume i dirigenti, ossia coloro che guidano il Comitato organizzatore, direttamente riconducibile a Palazzo Vecchio. Questi dirigenti hanno lasciato terminare regolarmente la partita Azzurri-Bianchi poi, dopo aver sospeso la partita Rossi-Verdi del 15 giugno, hanno fatto un’inversione a U, tornando anche sull’incontro del giorno precedente, pretendendo di sospenderlo a posteriori perché un bianco sarebbe uscito e rientrato. Decisione contraria  al regolamento: se una partita è finita il risultato non si può rimettere in discussione. Altrimenti avrebbero dovuto fare altrettanto anche per la finale del 2013, vinta dagli Azzurri contro i Bianchi, dopo che la prima caccia azzurra era stata favorita dal passaggio di un calciante azzurro espulso, ma rimasto in campo.

Fra l’altro, pur riconoscendo responsabilità dei calcianti che non possono fare i capricci quando vengono invitati a uscire, devo sottolineare che il Comitato organizzatore ci ha messo del suo nell’ingarbugliare la situazione. Ricordo perfettamente di aver proposto al presidente, Michele Pierguidi, di prevedere questa regola: se il calciante espulso non lascia la piazza nel giro di un minuto, viene assegnata una caccia alla squadra avversaria. Pierguidi si dichiarò entusiasta, ma poi nessuno è venuto ai campi d’allenamento a illustrare le novità, com’era accaduto negli anni passati. Già, eravamo in campagna elettorale e chi siede, o sedeva sui banchi di Palazzo Vecchio,aveva altro a cui pensare… Secondo me, chi gestisce il Calcio in costume ci si deve poter dedicare 365 giorni l’anno, alternandolo al lavoro quotidiano, ma senza avere altri compiti: istituzionali o no. E’ ovvio che anche i calcianti dovranno fare riunioni e riflessioni. Per esempio, io credo che  bisognerebbe far leggere la grida al magnifico messere anche a chi gioca.  Questo per coinvolgerlo di più, nel nome di Firenze. Così come non sarebbe male ripristinare un rito che, mi dicono, esisteva in passato: il giuramento di lealtà sportiva fatto dai capitani delle squadre, prima della partita, sulla spada del Maestro di campo.

Il sindaco, Dario Nardella,  si è preso una grande responsabilità cancellando la finale. Molti l’hanno criticato, anche su Internet. Io, che quando sono stato squalificato per un anno ho rispettato fino in fondo la decisione dei giudici,  chiedo a Nardella di rispettare la promessa di rifondare il Calcio storico. Con nuovi dirigenti e nuove regole. Senza toppe o rattoppi. Se così sarà, sopporterò meglio  la prima ferita, quella del chirurgo che mi ha inciso la gamba, ma soprattutto quella, profonda, di passare  San Giovanni 2014 senza Calcio in costume.

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Marino Vieri

Calciante di Parte Bianca
Calcio Storico Fiorentino

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