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Province: la riforma ancora incompiuta, iniziata tre governi fa

La prima riforma delle province del Governo Monti
La presentazione della prima riforma delle province del Governo Monti, nel 2012

La riforma delle province e delle città metropolitane si avvia lentamente alla conclusione, ma già molte critiche fondate provengono dagli stessi attori principali di questo cambiamento, presentato dal premier Renzi come «epocale». I sindaci, presidenti delle nuove città metropolitane, sono i più preoccupati infatti per le incertezze ancora esistenti in materia di divisione delle materie affidate alle ex province, di personale e di finanziamenti. Regioni e Stato infatti non hanno ancora provveduto a stabilire la ripartizione di loro competenza. I dipendenti delle province sono scesi in piazza dovunque, e soprattutto in Toscana, per rivendicare chiarezza sul loro futuro. 

ANCI – Una dura analisi era già venuta in passato dal Presidente dell’Anci, Piero Fassino: «Abbiamo sbagliato a convincere e a convincerci che le province non servivano. I nuovi enti di secondo livello che ne prenderanno il posto rischiano di nascere monchi, poiché c’è confusione sulle competenze, sulle risorse, sui debiti. Se il governo non cambierà il contenuto della legge di stabilità non ci saranno i soldi per gestire la Città metropolitana». Un giudizio impietoso su quella che è stata una delle poche realizzazioni (finora) di questo governo. Il sindaco di Torino lo ha ribadito nel discorso di fine anno: «L’Anci ha posto più volte al governo la necessità che ci sia un quadro di certezze finanziarie per le città metropolitane e le province di secondo livello. Questo quadro al momento non è esaustivo e con il governo continuiamo quindi a negoziare». Per quando riguarda il personale delle province, Fassino ha affermato che «seguirà la sorte delle deleghe a cui ciascun dipendente era assegnato. Le Regioni sono impegnate in queste settimane a definire il nuovo assetto ma è chiaro che questa partita rischia di essere di difficile gestione senza certezze finanziarie».

DELRIO – Ricordiamo che la legge Delrio ha definito le funzioni fondamentali esercitate dalle nuove province: ambiente, trasporti, scuole, strade e pari opportunità. Ma non è stata ancora risolta (il termine è scaduto il 31 dicembre) la questione delle ulteriori funzioni svolte dalle vecchie province, che dovevano essere attribuite dallo Stato e dalle Regioni secondo le rispettive competenze. Si è proceduto cioè a sottrarre alla provincia compiti fondamentali senza assegnarli contestualmente a qualcun altro.

PRESIDENTI – I presidenti delle nuove province, eletti nella recente tornata, si sono riuniti a Roma nel mese di dicembre e hanno inviato una sorta di ultimatum a Renzi: «Se il governo non riterrà di rivedere l’attuale impostazione, non ci possiamo assumere alcuna responsabilità per le gravi conseguenze che deriveranno alle comunità amministrate. Si va verso la chiusura di servizi essenziali, non si potrà assicurare il riscaldamento nelle scuole, lo sgombero della neve, la messa in sicurezza delle strade, la tutela del territorio e dell’ambiente». Ma ancora nulla, a parte la proroga dei contratti dei dipendenti precari in forza alle province, si è mosso. Per evitare guai peggiori (licenziamenti) si è previsto un periodo di riassorbimento del personale da parte dello Stato e delle Regioni di quattro anni (2 + 2), fino al 2019. Sperando che fra pensionamenti e trasferimenti in questo lasso di tempo si riesca a sistemare il personale.

2015 – Che cosa succederà veramente adesso? C’è incertezza sulla sorte dei dipendenti: 20 mila dovrebbero essere trasferiti (non si sa ancora dove); per ora resteranno in carico alle province in attesa di destinazione. Altri 28 mila rimarranno nei loro uffici, ricostituendo una brutta copia, quanto a burocrazia e costi, dei vecchi enti. Speriamo che ci sia un’inversione di tendenza e che almeno in corso d’opera siano realizzati interventi correttivi. Qualche Regione (Veneto, Liguria) ha cominciato a predisporre il testo della legge che spartisce competenze e personale, mentre la Regione Lombardia, per bocca del suo Presidente, si è dichiarata indisponibile a qualsiasi intervento.

Sembra destino che la riforma delle province sia destinata a piombare nel caos. Già col Governo Monti la ‘rivoluzione’ predisposta dall’indimenticata coppia di Ministri Annamaria Cancellieri (Interno) e Filippo Patroni Griffi (Funzione pubblica) naufragò e fu dichiarata incostituzionale. 

Il Ddl Delrio almeno questo rischio non lo corre, ma dovrà essere attuato in modo puntuale e corretto, se no ci troveremmo di fronte a un accresciuto livello di politica e burocrazia locale, sprecona e spendacciona.

 

 

 

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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