Skip to main content

Toscana, primarie Pd per la presidenza della Regione: Rossi in poltrona (con bomba sotto?)

Pd toscano, il segretario regionale Dario Parrini
Pd toscano, il segretario regionale Dario Parrini

FIRENZE – È dallo Spazio Reale di don Giovanni Momigli (anche lui ha fatto capolino in sala) nella periferia «cinese» di Firenze, San Donnino, che è partito oggi 10 gennaio il conto alla rovescia per le primarie del Pd toscano in vista delle elezioni regionali del maggio prossimo (data probabile il giorno 17).

Su indicazione del segretario Dario Parrini, l’assemblea regionale del partito democratico ha votato in serata le nuove regole. Non ci sarà un candidato unico del partito alla presidenza della Toscana «perché ha fatto bene finora», e cioè il governatore uscente, Enrico Rossi, ma sarà possibile presentare altre candidature. A patto che gli sfidanti di Rossi raccolgano 9 mila firme a sostegno della loro candidatura nell’arco dei prossimi 15 giorni: a partire dal 12 gennaio entro e non oltre le ore 18 del 27 gennaio.

Proprio la tempistica della raccolta firme era il pomo della discordia. Per statuto, infatti, si devono raccogliere per le primarie firme pari a un terzo dei componenti l’assemblea del partito, o altresì pari al 15% degli iscritti in Toscana, che sono poco meno di 60 mila. Dunque circa 9 mila firme. «Facciamo qualcosa di più rispetto all’Umbria – spiega ai cronisti il segretario Parrini – dove per sfidare alle primarie la presidente uscente il partito ha dato 8 soli giorni di tempo». Non contento, il segretario regionale insiste: «Già prima che fosse annullata e rinviata a oggi l’assemblea del 13 dicembre scorso avevamo consegnato i moduli da firmare per altre candidature, quindi chi voleva procedere di fatto ha avuto una ventina di giorni in più per raccogliere firme».

In ogni caso sul piano politico la sfida è cominciata. E lo dimostra plasticamente un’immagine su tutte: l’ex rettore dell’Università di Pisa ed ex senatore dell’Ulivo e sottosegretario all’Università nel secondo governo Prodi, Luciano Modica, che sale sul palco dell’assemblea di partito a San Donnino per dire la sua, invitato dai vertici del Pd stesso.

Luciano Modica, il probabile sfidante di Rossi alle primarie del Pd toscano
Luciano Modica, il probabile sfidante di Rossi alle primarie del Pd toscano

Modica è lo sfidante in pectore di Rossi per conto dell’ala civatiana del partito, dopo che lo scorso 14 novembre, su esplicito invito dello stesso deputato Pippo Civati, – complice in quell’occasione l’apertura da parte di Enrico Rossi tirato di brutto per la giacca da Civati – il segretario Parrini ha riaperto alla possibilità di primarie, che ormai sembravamo escluse. In agosto, infatti, Matteo Renzi in persona, rompendo gli indugi, aveva chiuso apparentemente la partita «incoronando» il governatore uscente come unico candidato di tutto il partito.

E invece no. E Modica, salito sul palco, lo dice subito. «Se si terranno le primarie del Pd per la presidenza della Toscana, come io auspico, sono pronto a dare la mia disponibilità a candidarmi in competizione con Enrico Rossi e chi altro vorrà candidarsi», ha chiosato l’ex sottosegretario di Romano Prodi. «Sono convinto che mille occasioni di confronto tra i candidati alle primarie – ha aggiunto -, sarebbero il miglior veicolo per costruire un buon programma e per appassionare di nuovo i nostri elettori e i partiti dell’area della sinistra italiana». Modica ha poi assestato una bordata direttamente a Rossi che lo ascoltava seduto nella prima fila della platea: «Io e Rossi – ha detto l’ex rettore – siamo persone diverse ma siamo amici da 20 anni. Non sono un politico di professione ma neanche un outsider della politica e avrei voluto che Rossi accettasse subito il mio invito a confrontarci. Enrico è invece rimasto zitto e silenzioso. Rispetto questa scelta ma un partito silente non ci aiuta a combattere l’antipolitica e l’astensionismo dilaganti».

Enrico Rossi in platea all'assemblea del Pd toscano
Enrico Rossi in platea, al centro, durante l’assemblea del Pd toscano

È stata poi la volta del governatore, che ha confermato la sua ricandidatura alla presidenza della Toscana. «Questa è stata una legislatura difficile – ha sottolineato Rossi -. Pareva che ogni giorno un’emergenza sorgesse. Non siamo una regione seduta che chiede assistenzialismo e che si oppone tanto per farlo. La crisi ci ha imposto di correre ancora di più e i prossimi anni lo dovremo fare ancora». Nodo di fondo per la prossima legislatura, ha sottolineato Rossi, sarà quello del lavoro. «Su questo fronte il nostro dovere lo abbiamo fatto e siamo una regione europea che sta dentro la crisi ma che combatte e reagisce». Il governatore uscente ha poi annunciato di voler intervenire, in campagna elettorale, anche sul tema dei vitalizi dei consiglieri regionali. «C’è ancora troppo divario tra quando prende un pensionato e quando si prende quando si esce dal Consiglio regionale – ha detto – e questo ci espone a attacchi demagogici basati sull’antipolitica». «In campo ci sono e intendo starci – ha dichiarato senza giri di parole il presidente – . È una decisione che ho preso quando il segretario del Pd toscano Dario Parrini mi propose una candidatura importante per l’Europa. L’amore per la Toscana mi ha convinto invece a dire no, a chiudere la legislatura e avere le forze per poterne fare un’altra». «Ho mandato una lettera manifestando questa disponibilità – ha aggiunto – tocca alla segreteria regionale decidere come procedere e formalizzare le questioni necessarie».

Il governatore non ha però fatto riferimento a quella che potrebbe presentarsi nell’arco di qualche mese come una vera e propria bomba politica sulla sua strada verso la riconferma alla presidenza della Regione: il possibile rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sul buco di bilancio da centinaia di milioni di euro dell’Asl 1 di Massa Carrara, per il quale Rossi è indagato dal 2012 con l’accusa di falso ideologico. La scorsa estate Rossi dichiarò che «anche se fossi rinviato a giudizio mi ricandiderei». Oggi, a ogni buon conto, le mani avanti su questo punto le ha messe il segretario Parrini: «Il nostro statuto – ha spiegato ai cronisti – prevede l’obbligo di dimissioni solo in caso di reati che prevedano l’arresto in flagranza». Non certo per quello di cui è accusato Enrico Rossi.

dario parrini, enrico rossi, luciano modica, matteo renzi, Partito democratico


Domenico Coviello

Giornalista

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.

Firenze Post è una testata on line edita da C.A.T. - Confesercenti Toscana S.R.L.
Registro Operatori della Comunicazione n° 39741