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Mobilità del personale dello Stato e delle province: la Corte dei Conti mette il visto sul decreto del governo

ministero funzione pubblica
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ROMA – Finalmente il Dipartimento della funzione pubblica ha definito le regole per il trasferimento degli statali da un comparto all’altro della Pubblica amministrazione. La Corte dei Conti ha infatti vistato il decreto attuativo con le cosiddette «tabelle di equiparazione», necessario ai trasferimenti dei dipendenti pubblici, in particolare gli esuberi di personale delle Province. Con il decreto – che dovrà essere poi pubblicato in Gazzetta ufficiale – sarà possibile per gli statali spostarsi da un’amministrazione all’altra tenendo conto della propria retribuzione di partenza. Il passaggio tra comparti amministrativi determinerà non un semplice cambiamento di stanza, ma una vera e propria mobilità in sedi fisicamente distanti da quella di origine (fino a un massimo di 50 chilometri in caso di mobilità obbligatoria, ovvero comandata).
I trasferimenti dovranno avvenire «senza pregiudicare, rispetto al requisito del titolo di studio, le progressioni di carriera acquisite». Quanto agli stipendi, se il dipendente verrà trasferito con mobilità non volontaria avrà il diritto di mantenere il trattamento economico fondamentale e accessorio di partenza se più favorevole. Gli sarà infatti riconosciuto un assegno `ad personam` riassorbibile con i successivi miglioramenti economici.

PROVINCE – Per quanto riguarda l’assorbimento del personale delle Province, la Funzione pubblica ha diffuso il testo definitivo del decreto con le «tabelle di equiparazione» per la mobilità fra i comparti del pubblico impiego, indispensabile per avviare il ricollocamento dei 7-8mila dipendenti «in soprannumero», spostandoli in aree disciplinate da contratti diversi da quello di Regioni ed enti locali (a questi ultimi dovrebbero andare invece circa 10mila persone, in particolare chi lavora nella polizia provinciale e nei centri per l’impiego) . Il punto più delicato, si incontra all’articolo 3 del provvedimento: il dipendente che si sposta in un comparto pubblico diverso da quello di appartenenza, e che nel suo posto di lavoro ha uno stipendio superiore a quello previsto nella nuova destinazione, manterrà il trattamento fondamentale e accessorio «limitatamente alle voci con carattere di generalità e natura fissa e continuativa». Un sistema di questo genere si spiega anche con l’impossibilità di replicare voci stipendiali che nella nuova organizzazione perderebbero di senso.

STIPENDIO – I nodi, però, non finiscono qui. La garanzia per le voci fisse e continuative, spiega il decreto, si attiva «nei casi in cui sia individuata la relativa copertura finanziaria, ovvero a valere sulle facoltà assunzionali» Vuol dire che l’ente di destinazione dovrà finanziare con i propri fondi integrativi il trattamento accessorio da mantenere al nuovo dipendente: è importante la precisazione in base alla quale alla bisogna potranno servire gli spazi liberati dal turn over, che dopo l’ultima manovra sono in pratica riservati al riassorbimento degli esuberi delle Province, ma in più di un caso le amministrazioni di destinazione potrebbero dover redistribuire le stesse risorse di oggi su una platea accresciuta.

ASSEGNO – C’è poi un terzo aspetto problematico: anche nei casi in cui scattasse la tutela completa sullo stipendio attuale, le voci in più rispetto a quanto previsto per il nuovo inquadramento confluirebbero in un «assegno ad personam, riassorbibile con i successivi miglioramenti economici». La norma serve a evitare la corsa all’aumento strutturale della spesa negli enti che accolgono nuovo personale ma, visto che non si può certo prevedere una dinamica vivace per i prossimi rinnovi contrattuali pubblici,il meccanismo finirebbe per congelare a lungo le buste paga.

La questione fondamentale, che può produrre battaglie di carta bollata in tutti i casi di stipendi a rischio, nasce dal fatto che la riforma delle Province prevedeva un meccanismo diverso: in caso di mobilità, spiega infatti il comma 96 della legge Delrio, il dipendente in uscita delle Province si sarebbe dovuto portare dietro «le corrispondenti risorse» necessario a garantirgli «il trattamento economico fondamentale e accessorio in godimento all’atto del trasferimento». Questo “zainetto”, inserito a suo tempo proprio per ottenere l’ok sindacale alla riforma, è stato “superato” dagli eventi anche perché, come spiegato qualche mese fa in una nota diffusa dalla Funzione pubblica, anche alla luce dei tagli miliardari chiesti alle Province dalla manovra « il trasferimento di personale non comporta trasferimento di risorse finanziarie»; e la stessa impostazione si incontra anche nel decreto sui criteri generali della mobilità, che riguarda anche chi si sposterà senza cambiare contratto pubblico.

LINK al testo del decreto

 

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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