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Riforma della pubblica amministrazione: lo Statuto del pubblico impiego al prossimo Consiglio dei ministri

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La riforma della P.a. supererà un ulteriore step, uno degli ultimi prima dello spirare della delega, il 30 marzo, giovedì prossimo, quando in Consiglio dei ministri approderanno gli ultimi decreti attuativi, tra cui anche il nuovo Statuto del lavoro pubblico, uno degli atti fondamentali di tutto il pacchetto.

La novità più rilevante dell’intero progetto per la ministra Madia starebbe però non nel nuovo Statuto, ma nel piano di assunzioni per dare una soluzione al precariato storico nel pubblico impiego. In Consiglio dei ministri passeranno gli ultimi testi attuativi, anche se il lavoro non finirà giovedì. I sindacati chiedono infatti che il confronto sulle misure continui, e nel frattempo la leader della Cisl ha sollevato forti perplessità sugli atti che verranno approvati, evidenziando che il ministro sbaglia se pensa di fissare per legge gli obiettivi su cui valutare i dipendenti pubblici.

Per Furlan i target su cui improntare le pagelle vanno decisi con la contrattazione nei diversi luoghi di lavoro: non possono che essere fissati sul territorio, ospedale per ospedale, Comune per Comune. I sindacati chiedono più risorse per i rinnovi, raddoppiando le risorse stanziate (4 miliardi invece di 2). Non viene contestato l’impianto delle riforma, che del resto è stato più volte discusso, i sindacati apprezzano soprattutto la stabilizzazione di 50mila precari.

La riforma, secondo la ministra, aprirà la via per lo sblocco del turnover, attraverso l’introduzione di una misura sperimentale che riguarderà Regioni e città metropolitane, per mettere a punto vincoli differenziati alle assunzioni, fino al graduale superamento degli attuali paletti, seppure senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. E se il meccanismo funzionerà con un decreto ad hoc, si legge nell”ultima bozza in circolazione della riforma, potrà esserne disposta l’applicazione in via permanente, nonché l”eventuale estensione ad altre amministrazioni pubbliche, sempre entro i limiti di budget.

Queste le anticipazioni, che sembrano positive. Ma, come abbiamo già rilevato, restano ancora ai blocchi di partenza il riordino di tutti i ministeri e dei loro uffici periferici e la riorganizzazione e razionalizzazione delle regioni, che è stata ed è ancora lontana dalla mente dei governi tecnici o politici ‘del presidente’, in totale quattro dopo la caduta di Berlusconi nel 2011, che si sono avvicendati senza molto costrutto.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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