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Divorzio: La cassazione stabilisce che l’assegno al coniuge non deve tener conto del tenore di vita

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ROMA – Peccato per Silvio Berlusconi, sembra che la magistratura, che evidentemente non lo ama, abbia voluto fargli un altro dispetto. Dopo che i giudici milanesi hanno deciso che l’ex cavaliere deve versare cifre milionarie all’ex moglie Veronica Lario, che evidentemente non poteva rinunciare ai lussi ai quali era abituata in casa Berlusconi, adesso la cassazione si esprime in senso radicalmente diverso. La Suprema Corte emette un verdetto rivoluzionario che archivia il tenore di vita goduto durante il matrimonio come parametro perenne che l’ex coniuge era (fino a ieri) tenuto ad assicurare con assegno alla moglie divorziata. Questo spauracchio della condanna al mantenimento a vita, va in soffitta e – sulla scorta di quanto succede anche nel resto d’Europa – lascia il posto a un nuovo parametro di spettanza basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che chiede l’aiuto del partner, compagno di una vita a due ormai dissolta.

Il matrimonio non è più la sistemazione definitiva: sposarsi, scrivono i supremi giudici nella sentenza 11504, è un atto di libertà e autoresponsabilità e se le cose vanno male si torna ad essere persone singole, senza rendite di posizione. Anche perché dover versare un assegno può tradursi in un ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia e questo in violazione del diritto a rifarsi una vita riconosciuto dalla Corte di Strasburgo e dalla Carta fondante dell’Unione Europea.

Il caso che ha generato questo sommovimento del diritto di famiglia, è quello del divorzio in seguito al quale il marito versa alla moglie due milioni di euro durante la separazione  sperando che non ci siano altre richieste. Ma si sbaglia. Perché l’ex moglie ricorre in Cassazione per avere anche un vitalizio dopo che la Corte di Appello di Milano nel 2014 glielo aveva negato. Ad avviso dei supremi giudici a far perdere il diritto all’assegno alla ex non è il fatto che si suppone abbia redditi adeguati, ma la circostanza che i tempi ormai sono cambiati e occorre superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come ‘sistemazione definitiva. «Si deve quindi ritenere – afferma il verdetto – che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell”ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale». Questo vuol dire che saranno d’ora in poi passati ai raggi x i beni, la disponibilità di una casa, e la capacità lavorativa, attuale o potenziale, di chi chiede l’assegno e se è accertato che è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto.

 

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