Forze armate: l’Italia è il poliziotto d’Europa (ma Nato e Ue non se ne accorgono)
Prendo spunto da un articolo dell’edizione europea di Politico per ampliare una riflessione che mi sembra giusto condividere con i lettori di Firenze Post, sempre attenti anche ai temi istituzionali: l’Italia spende poco per le forze armate, ma straordinariamente si sobbarca una notevole percentuale delle necessità di difesa della Ue. Politico definisce i soldati italiani «maestri» per la loro capacità
di fare molto, pure a fronte di un budget percentualmente inferiore a
quello di altri Paesi. Finalmente, a livello internazionale, ci si rende conto della professionalità dei militari italiani, a ogni livello, nonostante i budget ristretti e le difficoltà operative.
L’Italia – secondo Politico – spende per la Difesa l’1,11 per cento del Pil, ben al di sotto del 2 per cento che dovrebbe essere il parametro di riferimento per i Paesi Nato. Eppure, guardando al contributo fornito alla difesa europea, emerge un quadro diverso. Tra gennaio e giugno di quest’anno, ricorda la pubblicazione, la Guardia Costiera italiana ha salvato nel Mediterraneo 21.540 migranti, mentre 3.344 sono quelli tratti in salvo dalla Marina e altri 400 dalla Guardia di Finanza. Ma a questo impegno, sul quale sono intervenute talvolta in maniera critica le Ong, bisogna aggiungere quello delle truppe italiane impegnate nelle missioni Nato e Onu. L’Italia è quindi diventata il poliziotto d’Europa. Lo scorso anno sono stati oltre 6mila i militari italiani impegnati in Medio Oriente, nel Mediterraneo, nei Balcani, nel Corno d’Africa e in Afghanistan, più altri 1.100 in Libano e altri ancora in Libia e Somalia.
Tutto questo impegno, valutato in base ai parametri statistici Nato, porta a un paradosso: la Grecia, ad esempio, con una spesa militare pari al 2,4 per cento del Pil, figura tra le stelle dell’Alleanza Atlantica, anche se, pur partecipando a
operazioni di soccorso al largo delle proprie coste, non prende parte a nessuna missione militare Ue o Nato. Le statistiche dell’Alleanza, infatti, non mostrano quanto un Paese spende in attività collegate alla Nato. Per questo, come sottolinea giustamente anche Politico, è ora che gli alleati dell’Italia, in particolare la Ue, oltre alle stesse Onu e Nato, riconoscano il contributo italiano alla sicurezza.