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Ius soli: anche Minniti spinge per l’approvazione, ma sbaglia tempi e motivazioni

Il ministro dell’Interno, Marco Minniti

La legge su ius soli e ius culturae si approvi entro questa legislatura, anche senza correzioni: è l’appello che il ministro dell’Interno Marco Minniti lancia in un forum con Avvenire, forse influenzato eccessivamente dall’ambiente (cattolico)  nel quale è stato chiamato ad esprimersi. Ho sempre appoggiato recentemente la politica rigorosa portata avanti dal ministro in tema d’immigrazione, ma questa volta ritengo che Minniti si sia sbagliato, forse perché ha parlato più nella veste di appartenente a un partito che ambisce all’acquisizione futura di voti dei migranti, che come rappresentante delle istituzioni. Che dovrebbe avere a cuore più l’interesse del popolo italiano che quello del partito.

IUS SOLI – Ma ecco il ragionamento di Minniti: «Quando parliamo di ius soli e ius culturae, non parliamo di migranti, ma di persone nate in Italia e che qui hanno compiuto un ciclo scolastico. Lo dico con nettezza: credo che si debba fare di tutto per approvarla, anche così com’è, in questa legislatura. Più difficile sarebbe correggerla, perché si accorcerebbero i tempi parlamentari per approvarla. Si tratta di un terreno vitale per i prossimi 15 anni. E potrà avere riflessi positivi nel contrasto al terrorismo di matrice integralista».

TERRORISMO – Proprio su questo tema – di sua specifica competenza – Minniti si contraddice e non spiega il collegamento logico del suo discorso. Infatti sottolinea che «il quadro della minaccia in Italia rimane alto. Non possiamo sottovalutare nulla. Nello Stato Islamico c’erano 25-30.000 foreign fighters provenienti da 100 paesi, la più grande legione straniera mai vista. Molti sono morti ma molti torneranno nei paesi di provenienza, in Europa e Africa. L’Africa settentrionale non può diventare una piattaforma per i terroristi dell’Is». Posta questa premessa, e posto che finora il cosiddetto islam italiano, con il quale lui stesso ha concluso accordi, non ha contribuito per niente alla scoperta di possibili terroristi, non si vede come la situazione della sicurezza possa trarre vantaggio attraverso la concessione immediata ed automatica della cittadinanza (ius soli) a stranieri nati in Italia da famiglie con tradizioni lontanissime dalle nostre e con culture molto più vicine a quelle di paesi dai quali provengono i terroristi.

ACCOGLIENZA – Molto più convincente il ragionamento in tema d’accoglienza: in proposito il responsabile del Viminale spiega che il suo obiettivo è andare verso il superamento dei grandi centri d’accoglienza, superare Isola Capo Rizzuto, superare Mineo, per passare a strutture piccole e meglio gestibili. E sottolinea le gravi carenze dell’Europa in tema d’immigrazione, quell’Europa che, per limitare i flussi sulla rotta balcanica, ha deciso di stringere un accordo con la Turchia del presidente Erdogan, mettendo sul tavolo 3 miliardi di euro e promettendo una seconda tranche di altri 3, ma non ha deciso un impegno finanziario con un budget simile per l’Africa.

INTEGRAZIONE – «Sull’integrazione si gioca il futuro delle comunità nei prossimi 15 anni non solo in Italia ma nel mondo. Chi integra meglio costruirà paesi più sicuri. La cooperazione strategica tra il Governo e i sindaci è un elemento cruciale per i temi della sicurezza e dell’immigrazione. Una democrazia moderna non può non fondarsi sul rapporto strategico tra governo centrale e gli enti locali». E anche in questo caso, da responsabile del dicastero dell’Interno, dimentica di citare il difficile e delicato lavoro dei prefetti, che combattono spesso proprio la riluttanza e l’indisponibilità dei sindaci a realizzare quell’accoglienza diffusa, auspicata dal ministro.

AFRICA – L’accoglienza non può essere illimitata, come vorrebbero la Boldrini e Papa Francesco. L’Italia non può certo diventare la discarica dell’Africa, come dicono con definizione un po’ brutale, ma efficace, coloro che si oppongono agli ingressi indiscriminati. Non ce lo possiamo permettere né dal punto di vista economico né da quello sociale, perché in tal modo si corre il rischio di instaurare una lotta fra poveri e di scatenare una rivolta sempre più accentuata da parte delle nostre collettività, invase dai migranti. Già si sono colti segnali preoccupanti in tal senso in molte parti del paese.

Di questo pericolo anche i Pd più responsabili, come Minniti, dovrebbero rendersi conto alla svelta, senza premere eccessivamente l’acceleratore sullo ius soli per ragioni esclusivamente partitiche, e dovrebbero seguire invece l’atteggiamento prudente finora dimostrato dal premier Gentiloni e dal presidente Mattarella che, da vecchi democristiani, intuiscono il rischio di inopportune e premature fughe in avanti.

 

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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