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Pensioni: operazione Minculpop. Nascosto verdetto Consulta su perequazione bocciata

Da anni, anche nella veste di sindacalista dei giornalisti, cerco di capire come possono fare i giornali di carta a mantenere un decente numero di copie vendute. La ricetta assoluta per ripartire, dopo l’invasione dell’informazione online, non ce l’ha nessuno. Nemmeno gli americani che hanno fatto prove e controprove. Ma io credo, non so quanto banalmente, che un prodotto si faccia apprezzare soprattutto se è interessante. Nel caso nostro deve essere sempre privilegiata una cosa: sua maestà la notizia. E’ quella che si fa leggere. Soprattutto quando interessa milioni di persone. E se dico interessa voglio dire che ha ripercussioni dirette sul loro portafogli. Sono rimasto di sasso, stamani, dopo aver visto che quasi tutti i grandi giornali nazionali  hanno ignorato, in prima pagina, la grande beffa ai danni dei pensionati: ossia la decisione della Corte Costituzionale di respingere i ricorsi contro la scelta del governo di non garantire la perequazione a tutti i pensionati. Scelta che favorisce il governo, il quale, ora, non ci pensa più. Nel migliore dei casi, la notizia sulla scelta della Consulta era coperta da un piccolo artificio: inserita dentro l’altro argomento sulle pensioni, ossia la prospettiva (67 anni) di uscita dal lavoro. Soltanto Il Giornale, diretto da Alessandro Sallusti, Il Fatto Quotidiano, di Marco Travaglio e La Verità, di Maurizio Belpietro hanno fatto titoli veri e chiari sulla vicenda. Spiegando ai pensionati che erano stati beffati per ragion di Stato.Uno Stato che regala soldi soprattutto agli imprenditori (che in cambio non garantiscono posti di lavoro) e li nega a chi, con lo Stato stesso, aveva stretto un patto di fiducia, pagando tasse e contributi pesanti durante gli anni di lavoro, per avere reddito assicurato, e in linea con il costo della vita, nel periodo della pensione.

MINCULPOP – Mi sono chiesto il perchè di questa scelta, dal momento che la materia è popolarissima: interessa oltre 5 milioni di pensionati con riverbero sulle famiglie. Quindi almeno 15 milioni di italiani. Alcuni vecchi colleghi, che trovai ancora in servizio quando cominciai a fare il giornalista, mi raccontavano di quel che succedeva durante il ventennio fascista: ogni giorno il Ministero della cultura popolare di Mussolini (il Minculpop) inviava veline per indicare quello che doveva, o non doveva,  essere pubblicato. Con note del tipo: ignorare. Oppure: dare ampio risalto. Oggi, per fortuna, non è così. Però mi chiedo perchè quasi tutti i direttori dei grandi gi0rnali abbiano scelto di minimizzare un argomento così popolare, e così impattante, come la decisione della Corte Costituzionale di respingere i ricorsi per la perequazione.  I direttori, lo so bene, decidono come gli pare. Allora mi è venuto in mente che, fra i corsi di formazione con crediti formativi, bisognerebbe promuoverne uno anche per i direttori. Per indurli a tornare alle buone regole: dando le notizie senza riempire i giornali, e in particolare le prime pagine, di ameni articoli di colore, spesso farci di curiosità che … incuriosiscono chi li scrive e non il lettore.

MATTEI – Qualcuno penserà: ma questo è proprio un’ingenuo. O uno sprovveduto. Non sa che i direttori scelgono, spesso, anche secondo la linea editoriale. Che in questo caso, evidentemente, non era allineata c on l’interesse dei pensionati, ma probabilmente all’opposto. Ne sono consapevole. Ma vedete, siccome andai a sostenere l’esame per giornalista professionista quando molti direttori di oggi erano ancora alle scuole elementari (beati loro, sono molto più giovani…) mi permetto di ricordare quello che ripeteva fino all’ossessione uno straordinario giornalista e direttore, Enrico Mattei: «I fatti sono sacri, il commento è libero». La bocciatura dei ricorsi da parte della Corte Costituzionale, dal momento che riguardava oltre 5 milioni di pensionati che hanno pagato tasse e alti contributi, era un «fatto sacro». Da pubblicare in prima pagina senza se e senza ma. Probabilmente accompagnato dal commento, che è naturalmente libero, dove un direttore avrebbe potuto tranquillamente scrivere che condivideva la decisione della Corte di non appesantire il bilancio dello Stato dando torto a quei rompiscatole dei pensionati. Nessuno l’ha fatto. Troppo impegnativo? Più facile occultare la notizia. Ma questo non è giornalismo. I fatti vanno riportati sempre, anche quando sono scomodi. Molti anni fa, a La Nazione, protestai perchè un direttore decise di lasciare in bianco (sì, non face scrivere l’articolo)  su uno spettacolo alla Bussola di Viareggio. Perchè la disinvolta artista aveva fatto pipì (fu chiamata pioggia d’angelo…) sugli spettatori di prima fila. Furono scritte poche righe e il resto dell’articolo fu un pezzo di pagina bianca. Caso unico e irripetuto.  Si aprì il dibattito in redazione. E una cosa del genere (ossia mandar via un pezzo di pagina senza scriverci nulla) non si ripetè mai più. Ma penso che ignorare una notizia riguardante milioni e milioni di persone, oppure minimizzarla, sia anche peggio.

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Sandro Bennucci

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