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Pubblica amministrazione: cinquanta furbetti licenziati con l’applicazione delle nuove regole

ROMA – Le nuove regole che colpiscono i cosiddetti furbetti della pubblica amministrazione hanno dato i loro frutti, tanto che finora si contano quasi cinquanta casi, ma l’elenco è destinato ad allungarsi. Questo il primo bilancio sugli effetti del decreto Madia anti-furbetti. In un anno e mezzo di operatività si contano 45 licenziamenti. Ci sono poi altri due casi in standby, ma solo perché si è aperto un
procedimento penale, mentre diverse sono le azioni in corso. Sotto torchio una specie particolare di assenteisti, quelli colti in flagrante mentre strisciano il badge a vuoto, falsificando la presenza in ufficio.

Impossibile tracciare un identikit unico del furbetto del cartellino: da Nord a Sud, dai ministeri alle Asl, dalle università alle agenzie, da chi truffa in solitaria a chi agisce in cordata, con complici. Ecco allora alcune storie di quanti sono stati licenziati per avere falsificato la presenza in ufficio, presi con le mani nel sacco. Tutti casi raccolti dal ministero della P.a, che ha fatto il punto sull’operatività del decreto Madia, in vigore da circa un anno e mezzo.

IL PRIMO CASO AL POLICLINICO UMBERTO PRIMO DI ROMA. Il furbetto con la tessera numero uno rappresenta l’esempio
classico, di chi viene beccato fuori dal luogo di lavoro mentre, stando al tornello, sarebbe dovuto essere dentro. Si presenta al mattino giusto per passare il badge e subito se ne va e si rivede soltanto per timbrare l”uscita. La cosa non capita solo una volta configurando, secondo quanto risulta al ministero, un “comportamento ripetuto”.

ACCHIAPPATI IN 8 ALL’UFFICIO DOGANE DI AREZZO. Talvolta la truffa è circoscritta a un singolo dipendente, in altre situazioni invece più colleghi sono in combutta, per una truffa solidale. E’ successo così all’ufficio delle dogane di Arezzo, dove è partita un’indagine penale che ha coinvolto otto dipendenti per violazione nell’attestazione della presenza in servizio.

IL DIRIGENTE NON SI GIRA DALL’ALTRA PARTE, DIVENTA DETECTIVE. In Toscana, alla Regione, è stato il capo ad accertare il
raggiro, avviando e concludendo l’iter per il licenziamento di, anche qui, otto dipendenti. Idem nell’azienda sanitaria di Piacenza, dove è stata una coordinatrice a contestare personalmente il fatto, recandosi presso la piscina, in cui nuotava il dipendente in questione che, si legge sempre nel report, durante il turno di lavoro e mentre si trovata in timbratura si è più volte dedicato ad attività di svago in un
impianto sportivo .

POSTA LA FOTO CHE LO INCASTRA. Un dipendente dell’Agenzia regionale delle attività irrigue della Puglia risultava in servizio ma non aveva neppure strisciato il cartellino. Approfittando della quiete estiva, che solitamente regna negli uffici pubblici ad agosto, andava a fare la spesa in un mercato rionale con l”autovettura di servizio, con tanto di foto pubblicate dallo stesso su Facebook, in tutta tranquillità.
Scatti che gli sono valsi il posto. Ecco che c’è anche l’autodenuncia, ovviamente non voluta.

TORNARE PRIMA A CASA O IN PALESTRA. Sistematicamente accadeva che il lunedì e il venerdì abbandonava il posto di lavoro intorno alle 17:00 indicando come orario di uscita le ore 18:00. La signora, una dipendente del comune di Assisi, pedinata dai carabinieri, approfittava di quell’ora per tornare prima a casa o in palestra. Nel monitoraggio viene evidenziato come si trattasse di illeciti ripetuti, tali da apparire come un normale modus operandi.

LE SENTINELLE. All’Università degli studi Parthenope il dipendente furbetto è stato colto in flagranza da agenti di polizia, mentre rientrava in ufficio per certificare ai tornelli una giornata di lavoro in realtà passata in giro con lo scooter. All’Istituto beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia Romagna a stanare gli assenteisti è stato un inviato di ”Striscia la notizia””. Alla Asl di Albano, nel Lazio, è stata invece la Guardia di finanza, grazie ai nuovi controlli a campione, svolti in collaborazione con l’Ispettorato.

MINISTERIALE. E’ successo al ministero degli Esteri, la dipendente faceva del tutto a meno del tesserino, inserendo poi lei stessa i dati su entrate e uscite, non rispondenti. Si attribuiva anche numerosi ritardi per motivi di servizio mai svolto.

Quest’ampia casistica conferma che gli obiettivi perseguiti dal Governo con le modifiche (prima il tempo a disposizione era di 120 giorni) sono chiari: velocizzare il procedimento, dare certezza e rendere più facile il licenziamento laddove ci sia la prova schiacciante, come la
telecamera che immortala il dipendente a strisciare i tesserini di altri colleghi o il suo ma non per entrare in ufficio, bensì per andarsene. Ovviamente se l’accaduto appare più che un imbroglio un incidente, valgono i principi di gradualità e proporzione della sanzione, che deve essere cucita addosso al caso. Ma per chi salta l”intera giornata di lavoro o sgarra anche di un’ora ma in modo sistematico, non c’è scampo.

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