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Quirinale: entro giovedì il premier del governo di servizio. Ma l’assemblea M5s dice no. Il voto? Forse il 22 luglio

Di Maio e Beppe Grillo

ROMA – Il Movimento 5 stelle teme che l’effetto 4 marzo evapori: per questo vorrebbe tornare al voto subito, magari in giugno. O al massimo l’8 luglio. Ma secondo i calcoli del Quirinale, se proprio si deve andare a votare precipitosamente, in piena estate con altissimo rischio di astensione,  ciò non accadrebbe prima di domenica 22 luglio. Nel bel mezzo dell’estate, con probabili 40 gradi e parte degli elettori già in vacanza. Anche l’assemblea del M5s ha paventato il rischio astensione, ma l’avrebbe risolto così: al sud gli elettori non vanno in vacanza, quindi potrebbero rispondere alla chiamata alle urne, mentre al nord, dove pescano Lega e centrodestra, la gente sarebbe al mare o all’estero. E Di Maio avrebbe incoraggiato questa chiave di lettura per lui favorevole. Dopo aver assicurato che non ci sarà il problema del doppio mandato perchè la legislatura non ècominciata, quindi il garante, Beppe Grillo, scriverebbe la deroga per tutti i parlamentari uscenti. In modo da ricandidarli.

Così, in una giornata tesissima il Quirinale ha messo la parola fine a un film divenuto stucchevole nella sua ripetitività, assicurando che il tempo delle chiacchiere è finito: serve un governo, anche solo per tornare al voto. E l’incarico al nuovo premier, assolutamente non politico, potrebbe esserci tra martedì 8 maggio e giovedì 10. Timing che presuppone anche la possibilità di dare qualche ora di riflessione in più a tutti i partiti. Ma l’unica soluzione che salverebbe il Paese dall’esercizio provvisorio, scongiurando l’aumento dell’Iva, è – questa rimane la convinzione di Sergio Mattarella – dare la fiducia a un Governo di tregua, del tutto neutrale con in dono la massima garanzia, quella presidenziale, che questo inedito esecutivo concluderebbe la sua azione con l’approvazione della legge di Bilancio 2019, cioè a fine dicembre. O anche prima se vi fosse un accordo politico. Top secret il nome che Mattarella ha in testa per capeggiare un esecutivo che con tutta probabilità e destinato a nascere e morire in pochi giorni. Massimo riserbo anche sui nomi dei ministri – che pure sono in gran parte pronti – che non saranno certamente politici visto che Mattarella ha assicurato che saranno tutte figure che non si presenteranno alle elezioni.

Il presidente della Repubblica esce dal suo studio poco prima delle 19.  Serve un Governo è la premessa. E dovrebbe essere un Governo di tutti per fare l’essenziale e rappresentare l’Italia all’estero, soprattutto a Bruxelles dove a fine giugno è in calendario un importante Consiglio europeo. Ma alle 19 il Capo dello Stato già sa che le due principali forze politiche, l’M5s e la Lega, lo bocceranno. Sono entrate in campagna elettorale, come ha confermato seccamente Luigi Di Maio. Allora un po’ di sconforto misto a rabbia traspare quando Mattarella rilancia la palla nel campo avversario indicando non una ma tre soluzioni:
la fiducia al suo Governo, elezioni a luglio, oppure in autunno snocciolando tutte le problematiche di entrambe le date. Saranno i partiti a dover decidere su quali binari vorranno correre. E lo dovranno fare pubblicamente, in Parlamento. Lì dovranno spiegare agli italiani perchè preferiscono tornare alle urne (costo stimato di nuove elezioni circa 350 milioni di euro). Cosa sperano che cambi, dove vogliono andare a schierarsi visto che con il Rosatellum è certo che nessuno avrà mai la maggioranza per governare da solo. Ecco, il presidente oggi ha invitato i partiti ad avere responsabilità sapendo però che ormai difficilmente qualche notte di riflessione fermerà l’eccitazione elettorale. Probabilmente non basterà neanche l’ultima mossa, quella di garantire a Lega e Pentastellati che ove mai dovesse spuntare un vero accordo ci penserebbe lui a terminare la vita del governo neutro. Sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica neutro. Amara osservazione di Mattarella:  «Sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica che una legislatura si conclude senza neppure essere avviata. La prima volta che il voto popolare non viene utilizzato e non produce alcun effetto».

22 luglio, centrodestra, governo di tregua, M5S, Quirinale


Sandro Bennucci

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