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Pensione di cittadinanza del M5S, potrebbe far crescere la spesa ad oltre 45 miliardi l’anno

Si fa un gran parlare del reddito di cittadinanza, che è stato uno dei cavalli di battaglia di Di Maio e soci, che hanno fatto in tal modo il pieno di voti al Sud, ma sta passando sotto silenzio la seconda faccia del problema, la volontà dei pentastellati di introdurre anche la pensione di cittadinanza, sconosciuta ai più, che pure è stata inserita nel contratto di governo.

La proposta di pensione di cittadinanza così come ipotizzata proprio nella bozza del Contratto del cambiamento tra Lega e Cinquestelle circolata in questi giorni potrebbe costare quattro miliardi l’anno se limitata a chi al momento percepisce l’assegno sociale e arrivare fino a 20 miliardi l’anno se si dovesse allargare a tutti coloro che percepiscono un reddito da pensione inferiore al tetto di 780 euro. E’ quanto è stato calcolato incrociando la proposta con i dati contenuti negli osservatori statistici e nell’ultimo rapporto annuale dell’Inps.

La bozza ipotizza «un’integrazione per un pensionato che ha un assegno inferiore ai 780,00 euro mensili secondo i parametri previsti per il reddito di cittadinanza». Se si guarda solo alle persone in condizione di bisogno (come
per il reddito di cittadinanza) si dovrebbe guardare a chi al momento percepisce l’assegno sociale (854.636 persone secondo gli ultimi dati riferiti al 2016). Il costo passerebbe da 4,7 miliardi attuali (l’importo medio è di 424 euro lordi al mese a testa) a 8,6 miliardi (780 euro al mese per 13 mensilità a testa) con un aggravio per le casse dello Stato di quasi quattro miliardi.
Il conto salirebbe se la misura si estendesse a tutti coloro che hanno assegni inferiori a 780 euro, ovvero oltre 4,5 milioni di persone. La spesa passerebbe dai 25 miliardi attuali (per chi ha assegni inferiori a 750 euro) a oltre 45 miliardi (780 euro al mese a testa pari a 10.140 euro l’anno per 4,5 milioni di persone).

Due altre considerazioni pesano comunque nella scelta ed hanno impatti sul costo finale: avvantaggiare chi percepisce l’assegno sociale (assistenziale e non basato sui contributi) rispetto a chi ha una pensione previdenziale (quindi legata ad anni di lavoro) che è comunque sotto la linea dei 750 euro potrebbe non essere socialmente equo. Inoltre se il reddito di cittadinanza dovesse essere limitato nel tempo e legato alla disponibilità ad accettare un’offerta occupazionale non è chiaro l’arco temporale nel quale sarà assegnata la pensione di cittadinanza senza che ci possa essere nessuna disponibilità in cambio né possibilità di uscire dal programma.

Soprattutto la prima obiezione induce a pesanti considerazioni sull’opportunità di quest’operazione, così come del reddito di cittadinanza e del taglio alle pensioni alte. Si finisce per dare immeritatamente a chi non ha mai pagato nulla e non ha mai lavorato e togliere a chi si è impegnato e ha pagato contributi ne tasse altissimi. Alla faccia dell’equità sociale sbandierata da Di Maio e soci.

cittadinanza, M5S, pensioni

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