CONTRATTI – E che si tratti di macerie è certo: lo certificano i numeri. Nel primo trimestre del 2018, l’incidenza delle attivazioni a tempo determinato sulle attivazioni totali è stata pari all’80,1%, in aumento rispetto al 77,6% registrato nel primo trimestre del 2017. Lo sottolinea la nota trimestrale congiunta Ministero del Lavoro, Istat, Inail, Inps e Anpal. Si tratta dell”aumento per l’ottavo trimestre consecutivo (+350 mila unità). In particolare – continua la nota – questi segnali si rafforzano per le imprese industriali e dei servizi, che mostrano un forte incremento del tempo determinato (+492 mila su base annua). Contestualmente, per le posizioni lavorative a tempo indeterminato si osserva un nuovo consistente rallentamento della crescita nei dati delle CO (+11 mila posizioni) e una lieve aumento in quelli Inps (+30 mila posizioni).
FLESSIBILITA’ – E’ ovvio che va migliorata la formazione. Però utile. L’Italia pullula di corsi, che tanti soggetti organizzano, ma che alla fine non portano a risultati concreti per spalancare le porte di un impiego. La scuola è ancora molto indietro. Una volta c’era l’apprendistato, avviamento sicuro, soprattutto per il mondo dell’artigianato. La moderna terminologia e le tasse soverchianti sulle antiche botteghe, hanno spazzato via tutto. Oggi gli imprenditori parlano di flessibilità e basta. Ma siamo arrivati a un eccesso non più sopportabile. Il posto sicuro dava fastidio anche alla Sinistra degli anni Settanta: che riteneva borghese l’aspirazione verso le tre M (mestiere, moglie, macchina). Oggi i ragazzi vogliono certezze. Che il governo e gli imprenditori provino a darle. Senza troppe chiacchiere e convegni conditi con il … sugo di nulla.