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Corruzione: l’Anac di Cantone ha reso inutili alcune indagini della procura di Milano

MILANO – L’uomo della provvidenza di Renzi, il magistrato Raffaele Cantone, messo a capo dell’Autorità Anticorruzione nella speranza, risultata vana, che potesse arginare la corruzione, viene attaccato anche dai suoi colleghi. Non solo le pubbliche amministrazioni lamentano che le innovazioni e le nuove regole introdotte dall’Autorità hanno soltanto complicato e reso più complesse le procedure, senza alcun vantaggio per la legalità, ma adesso sono gli stessi suoi colleghi – riteniamo a ragione –  che lanciano un attacco senza precedenti all’inefficienza dell’organismo presieduto da Cantone. Ed è la procura di Milano che una volta tanto non mette nel mirino Berlusconi ma l’Anac.

«Il ritardo con cui sono state trasmesse dall’Autorità nazionale anticorruzione alla Procura di
Milano le notizie su numerosi illeciti da cui si potevano desumere fatti di corruzione e soprattutto le modalità di acquisizione degli elementi da parte dell’Anac hanno determinato una discovery anticipata, sostanzialmente rendendo inutili ulteriori indagini nei confronti di soggetti già allertati».  Lo si legge nel bilancio di responsabilità sociale della Procura di Milano presentato oggi dal procuratore Francesco Greco.

Ma è un fatto che non mi meraviglia. Uno degli errori madornali del rottamatore è stato quello di mettere un magistrato a un posto di controllo dell’attività amministrativa, attività della quale pochi conoscono i complessi meccanismi. Ed è per questo che un’azione iniziata imprudentemente e senza previo collegamento con la contemporanea attività dei giudici causa effetti nulli dal punto di vista amministrativo, ma disastrosi da altri punti di vista. Mi aspetterei, a questo punto, che l’Anac fosse perseguita per intralcio alla giustizia, ma forse è troppo sperare. Intanto però anche i nuovi governanti sono andati a baciare la sacra pantofola del nuovo custode della legalità.

Anac, Cantone, procura Milano

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