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Il blocco navale lo fecero Prodi e Napolitano, nel 1997, con L’Albania. Morti e naufraghi, ma nessun processo

Nave Sibilla, simbolo dal blocco navale dei nostri Prodi

Italia Oggi, rendiamogliene merito, è l’unico giornale che ha ricordato che il primo Governo Prodi, col ministro dell’interno Napolitano, nel 1997 attuò un sostanziale blocco navale per impedire gli arrivi dall’Albania. Furono praticati respingimenti, fu impedito l’arrivo non solo di criminali, ma anche di migranti economici.
Il 19 marzo del 1997 venne adottato un decreto legge che regolamentava i respingimenti e, per realizzarlo in modo concreto, il 25 marzo di quell’anno venne firmato un accordo con l’Albania per il contenimento del traffico clandestino di profughi. L’accordo parlava ufficialmente di un «efficace pattugliamento» delle coste dell’Adriatico e dava alla Marina disposizioni per fare «opera di convincimento» nei confronti delle barche di migranti provenienti dall’Albania: in pratica però fu un vero e proprio blocco navale, criticato apertamente dall’ONU.
Un’operazione militare organizzata in grande stile proprio dagli esponenti di quella parte politica che pratica oggi l’accoglienza a go go e impiccherebbe a Piazzale Loreto (significativo un cartello della manifestazione di ieri a Milano) il ministro Salvini che sta facendo altrettanto con i poveri migranti, per lo più colorati, che ci arrivano (o meglio ci arrivavano) a frotte attraverso il Mediterraneo. Le nostre città sono piene di questi nullafacenti, mantenuti a spese nostre, che spesso violentano donne, spacciano e rapinano. Bel risultato di governo di sei anni delle sinistre, da Monti in poi. Sotto la regia, per la maggior parte del tempo, di Re Giorgio Napolitano, il debellatore degli albanesi.
Ma ricostruiamo quegli eventi attraverso la stampa dell’epoca, rigorosamente progressista per non creare equivoci . Il 12 aprile 1997 Prodi spiega in Parlamento: «Il carattere dell’operazione è un’attività volta soprattutto a stroncare la malavita organizzata che gestisœ gli espatri». In quei giorni Repubblica titola: «Blocco navale per fermare gli albanesi». Vero e proprio blocco navale ma per farlo meglio digerire la chiamarono «Operazione di Convincimento». Furono schierate due Fregate (Aviere e Sagittario), due Corvette (Driade e Urania) e la Nave militare Sibilla. Una macchina da guerra gioiosa ma imponente (ricordate Occhetto?), avanzata al limite nautico delle acque territoriali albanesi con l’ordine di non far passare nessuno.
Durante quelle operazioni però successe un incidente fastidioso per l’operazione progressista. Il 28 Marzo 1997 nave Sibilla della Marina Militare speronò la fatiscente ex motovedetta militare albanese «Kater i Rades» Era un Venerdì santo: 57 morti 24 dispersi, 81 vittime di cui 31 tutti minorenni sotto i 16 anni Solo 34 sopravvissuti. Nessuna incriminazione al tribunale dei ministri. Nessun esponente del governo Prodi si presenta a Brindisi (centrale delle operazioni) per rendere omaggio alle 57 vittime. Per quell’evento pagarono solo i comandanti delle navi, la magistratura ovviamente non incriminò nessuno del governo che aveva ordinato il blocco navale. Dopo 17 anni, il processo era arrivato in cassazione, la Suprema Corte ha condannato i comandati delle navi. Quello della Kater I Rades, Namik Xhaferi, salpato senza autorizzazione verso la Puglia, punito con 3 anni e mezzo di carcere. E quello della corvetta Sibilla, Fabrizio Laudadio, che aveva condotto le manovre per ostacolare l’approdo dello scafo. Su ordine del Governo di Prodi e di Napolitano.
La Procura di Brindisi di allora affiancò il governo sulla linea dura con arresto immediato per comandanti equipaggi albanesi che tentassero di sconfinare in acque territoriali italiane. Il procuratore Giordano affermò, cita Italia Oggi: «Si sale su un peschereccio o su un natante qualsiasi solo pagando il pedaggio… secondo alcune testimonianze raccolte ci sono personaggi in zone di imbarco che consentono di salire a bordo solo se paghi, lasciando a terra chi non ha i soldi per pagare».
Anche il vice di Napolitano Giannicola Sinisi conferma la bontà dell’iniziativa, volta a stroncare l’arrivo dei migranti economici: «Il fenomeno è mutato di nuovo: sulle nostre coste non stanno arrivando più profughi, ma uomini e donne che vengono da zone dove la rivolta non è neppure arrivata. Cercano una vita migliore un lavoro più redditizio, sono insomma immigrati».
Non credo occorra alcun commento, quanto esposto parla da solo sull’atteggiamento inequivoco della politica, della stampa e della magistratura.

blocco navale, napolitano, Prodi


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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