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Pensioni, senza correzioni quota 100 porterà a un taglio del 25,4% rispetto agli assegni attuali

Nuovi calcoli, nuove indiscrezioni, nuove proposte nel tormentato settore delle pensioni. Questo governo ha proprio deciso di non lasciare in pace le pantere grigie, angustiandole continuamente con proposte, alcune delle quali indecenti e vergognose, ma se ne pentirà come a suo tempo se ne sono pentiti altri governi che hanno subito l’ira elettorale dei pensionati.

Il centro studi della Cisl ha pubblicato sul nuovo numero del «Barometro» un nuovo studio su quota 100. «Questa – osserva la Cisl – è una risposta positiva alla richiesta di flessibilità, ma risponde solo a chi ha carriere lavorative continue». Per la Cisl: «È difficile valutare il costo di Quota 100» perché non sono ancora chiare condizioni e il divieto del cumulo retribuzione/ pensione. In Manovra sono stati stanziati 6,7 miliardi per il 2019 e 7 per il 2020.

La Cisl calcola che rispetto alla pensione di vecchiaia l’anticipo pensionistico con il meccanismo «quota 100» determina una perdita pensionistica lorda che va da un minimo di -17,8% per chi ha 42 anni di contribuzione a un massimo di -25,4% per chi ha 38 anni di contribuzione. La perdita pensionistica al netto dell’Irpef nazionale varia invece da un minimo di -15,8% a un massimo di -22,45.

Lo studio stima che, senza finestre e/o condizioni limitanti, la somma stanziata per il 2019 sarebbe insufficiente. Con i risparmi prodotti dalle finestre e da una percentuale di adesione non prossima al 100%, date le perdite nel rateo di pensione e la possibile introduzione del divieto di cumulo,le risorse stanziate dovrebbero essere sufficienti per il primo anno. Interrogativi suscitano invece le risorse stanziate per gli anni successivi. Chi è andato in pensione con quota 100 nel 2019 continuerà naturalmente a percepirla negli anni successivi, questa volta per tutti e dodici i mesi a prescindere da eventuali finestre nel 2019. A queste pensioni si aggiungeranno quelle di nuovi lavoratori che matureranno quota 100 nel 2020. Alla spesa per le prime si accumulerà quindi la spesa per le seconde e le risorse stanziate a partire dal 2020 potrebbero essere insufficienti. Lo studio riflette sul fatto che questo nuovo canale di uscita è condizionato tuttavia da un elevato numero di anni di contribuzione richiesti. Per chi non raggiunge questa anzianità contributiva l’unica possibilità di pensionamento è data dalla pensione di vecchiaia. La riforma del 1995 assicurava invece una flessibilità in uscita tra i 57 e i 65 anni con un minimo di anzianità contributiva; era quindi una flessibilità aperta a tutti. Questa flessibilità è stata eliminata dalla riforma Maroni del 2004 e, nonostante, le richieste, mai ripristinata.

E’ comprensibile che il Governo cerchi di intervenire per corrispondere ai diktat severi dell’Ue, ma dovrebbe tner conto che i risprmi non debbono gravare troppo sui pensionati, una categoria che in questi anni è stata fin troppo sacrificata, a partire dai governi Monti, Letta e Renzi.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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