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Festival di Cannes, Palma d’oro ad Alain Delon: «Non per me, ma per i registi. Devo tutto alle donne»

Alain Delon con Claudia Cardinale nel «Gattopardo» di Visconti

CANNES – Si allontana sul red carpet, Alain Delon, asciugandosi le lacrime. E sussurrando che, ora, è finito tutto.  Mentre arrivano applausi scroscianti dalla sala. Lui piange per le persone che gli vengono in mente, tutte ormai scomparse. Piange per la nostalgia, chissà. Sopravvivere al proprio stesso passato non è facile per chiunque, praticamente impossibile se sei un mito come Delon, attore leggenda del cinema francese, sex symbol per sempre. Una grande fatica sicuramente che comporta alti e bassi, momenti di humor e di tristezza. Oggi, 19 maggio, al festival di Cannes ha fatto emergere la sua energia, si è fatto forza con il suo carattere ed ha incantato la platea. «Non volevo questa Palma d’oro, non spetta a me ma ai registi che mi hanno diretto, a Visconti, a Rene Clement, a Melville, a Jacques Deray. Loro non ci sono più e io la accetto per loro», dice ricevendo il premio alla carriera.

Alain Delon, 83 anni, si presenta in forma, applaude la sala che è in piedi per lui. Poi comincia il flusso di ricordi, suggeriti dagli,Brigitte è la prima delle donne che Delon nomina, cita anche Romy Schneider, Monica Vitti, si commuove parlando di Annie

Girardot. Tanti amori ma non solo, Alain Delon prima ancora che attore fa i conti con il suo fascino, che è parte fondamentale
della sua popolarità e della sua carriera. Ammette: «Devo tutto alle donne, ho fatto questa carriera per loro». La bellezza inarrivabile dell’attore in quei film degli anni ’60 Delitto in pieno sole (1960), Rocco e i suoi fratelli (1960), Il Gattopardo (1963), La Piscina (1969) per citarne solo pochissimi è un problema per lui stesso. In sala uno spezzone di Plein Soleil (Delitto in pieno sole), il thriller in cui interpreta Mr. Ripley, rilancia le immagini del fascino irresistibile del giovane Delon. Si riaccendono le luci, lui
interrompe il rituale dell’incontro per alzarsi in piedi e dire alla platea: «E ora come fate a guardarmi come sono adesso?».
Racconta Delon di come Visconti proprio dopo aver visto quel film lo convocò a Londra, su suggerimento della sua agente di
allora Olga che insisteva per proporre il suo cliente allora sconosciuto, e di averlo ricevuto mentre stava allestendo il
Don Carlo al Covent Garden. L’incontro fu felice e il regista italiano lo scelse per Rocco e i suoi fratelli, il primo film
con cui Delon cominciò una carriera internazionale e d’autore. L’attore piange, «non posso smettere, scusate» dice citando la
Girardot. Romy Schneider, il grande amore della sua giovinezza con cui, a cavallo degli anni ’60, ha formato la coppia piu’ bella del
cinema, resta per lui un tabù, giusto un accenno a quando la impose per La Piscina («era in un momento di crisi, dissi o la
prendete o non si fa il film»), meglio non parlarne, meglio ricordare altro. Come il cane che lo seguiva sempre sul set del Gattopardo e infatti e’ nel film di Visconti , come la nouvelle vague che lo aveva messo al bando, ma lui andò avanti lo stesso, come l’esperienza americana, bella ma la Francia gli mancava troppo.

Dopo la premiazione, la proiezione di Mr.Klein, il film di Joseph Loy con cui, nel 1976, Delon partecipò al festival di Cannes, un film rischioso perchè per la prima volta parlava al cinema del collaborazionismo francese sulla deportazione degli ebrei. E’ l’occasione per ricordare la sua esperienza di ragazzino, cresciuto in piena guerra. Le polemiche che hanno accompagnato la vigilia del suo arrivo al festival, proteste femministe verso Cannes che ha deciso di premiare un attore che ha ammesso di aver avuto atteggiamenti
violenti con le donne, in passato si è anche espresso contro l’adozione da genitori dello stesso sesso ed è notoriamente vicino alla destra, alle posizioni del Fronte Nazionale di Le Pen. Proteste che il delegato del festival Thierry Fremaux ha rigettato con una battuta: «Gli diamo una palma d’oro onoraria non un nobel per la pace. Delon, bisogna comprendere, è un uomo di un’altra epoca, di un’altra generazione».

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Gilda Giusti

Redazione Firenze Post

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