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Margherita Cassano

Margherita Cassano: «Linciaggio morale nostro giudice». Salvini: «Può giudicare il Viminale chi è contro il governo?»

Margherita Cassano, presidente della Corte d’Appello di Firenze

FIRENZE – C’è anche la preoccupazione per l’incolumità del giudice Luciana Breggia, nella dura conferenza stampa della presidente della Corte d’Appello di Firenze, Margherita Cassano, nei confrontidel Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. La presidente cita il caso del giudice lucchese Dino Boragine, finito sotto protezione dopo l’attacco di Matteo Salvini. Motivo? Il giudice Boragine aveva assolto un cittadino che insultò lo stesso Salvini in un comizio. «Il mio timore – ha detto Margherita Cassano – è che certe notizie riportate sui social, piuttosto che sui giornali, sia di carta che online, possano avere effetto detonante fino a far scattare, in qualcuno, manifestazioni incontrollate. Il giudice Boragine, dopo le parole di Salvini, venne minacciato. Non vorrei capitasse la stessa sorte alla collega Breggia, attaccata dallo stesso ministro per aver fatto iscrivere all’anagrafe del comune di Scandicci un uomo di origine somala. Decisione, fra l’altro, adottata da un collegio di tre giudici. La dottoressa Breggia, lo voglio sottolineare, è stata solo l’estensore della motivazione che rifletteva il volere collegiale di tre giudici».

CASSANO – Ed ecco al cuore della conferenza stampa, un evento praticamente unico, almeno in Toscana, la difesa di un giudice da quello che la stessa Margherita Cassano ha definito linciaggio morale: «Ritengo doveroso, quale presidente della Corte di Appello, intervenire in ordine al linciaggio morale cui è ingiustamente sottoposta la dottoressa Luciana Breggia, esposta per i gravi attacchi subiti a pericolo per la sua incolumità, attesa la risonanza mediatica e l’effetto moltiplicatore della galassia dei social». Il giudice Luciana Breggia è stata accusata da Salvini di aver partecipato a eventi con organizzazioni vicine alle ong e ai migranti. Ancora Margherita Cassano: «Riaffermo il diritto di ogni magistrato, in nome della libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente sancita, di partecipare alle iniziative culturali e scientifiche che costituiscono un ineliminabile momento di confronto nella consapevolezza che il pluralismo culturale è il fondamento di ogni Stato democratico».

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini

SCANDICCI – Il Viminale avrebbe potuto costituirsi in giudizio nella causa a Firenze del richiedente asilo per la sua iscrizione all’anagrafe, ma non ha esercitato questa facoltà comportando la decadenza. E’ un altro punto sul quale ha insistito la presidente della Corte d’Appello, parlando del
provvedimento del tribunale che ha sollevato le critiche del ministro dell’Interno Matteo Salvini, critiche ribadite, in una nota, dal Viminale.
Margherita Cassano ha puntualizzato che, nella motivazione del provvedimento, «era espressamente riconosciuto il potere del Ministero dell’Interno di intervenire nel giudizio e che il provvedimento dava atto che il potere di intervento del ministero dell’Interno era facoltativo. Nel caso in esame, il ministero non si è costituito nella prima fase della procedura svoltasi dinanzi a un diverso giudice. Ciò ne ha comportato la decadenza. Il ministero
dell’Interno potrà per l’avvenire, ove lo ritenga, intervenire sia nelle procedure urgenti che in quelle ordinarie relative alla materia dello stato civile dell’anagrafe». La presidente Cassano ha poi aggiunto: «Ritengo inaccettabile, perché fondato su circostanze non vere, il collegamento fatto con esclusive
finalità mediatiche tra la motivazione di questo provvedimento e la pregressa vicenda relativa al riconoscimento dello status di rifugiato di un cittadino pakistano successivamente accusato di reato, che è stato adottato da un giudice diverso dalla dottoressa Breggia, e non risulta impugnato dall’Avvocatura dello Stato nell’interesse del ministero dell’Interno».

SALVINI – Più tardi arriva la replica del ministro dell’Interno, Matteo Salvini: «Nessun linciaggio, nessuna minaccia, nessun dossier: ho intenzione di usare tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento per sapere se è normale e opportuno che alcuni magistrati, pubblicamente schierati contro la politica del governo, abbiano giudicato in cause che coinvolgevano il Viminale. Mi spiace che venga chiamato in causa il Csm, che in queste settimane ha altro a cui pensare. Lavoro per la sicurezza di tutti gli italiani, magistrati compresi».

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Ernesto Giusti


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