E il nodo della produzione infatti sono proprio i bioreattori. Lo ha sottolineato anche Rino Rappuoli, padre di tanti vaccini di nuova generazione, coordinatore della ricerca sugli anticorpi monoclonali di Toscana Life Sciences e direttore scientifico di Gsk. Per produrre i vaccini anti-Covid in Italia, «bisogna intanto sapere che cosa si vuole produrre. Ci sono due fasi – ha spiegato – la prima riguarda la produzione della sostanza, il vaccino stesso: cioè produco l’RNA, o la proteina, il virus dello scimpanzé, a seconda dei vaccini. Per farlo ci vogliono i bioreattori ma in Italia non ci sono gli impianti». E ha chiarito, «solo Gsk li ha, ma non per il vaccino anti-Covid, bensì per quello contro la meningite che è batterico. Reithera ce l’ha ma non credo per fare milioni di dosi. La seconda fase riguarda l’infialamento e da noi molte aziende sono in grado di farlo. Se si pensasse per esempio di adattare i bioreattori di Gsk per la produzione di vaccini anti-Covid, non si potrebbe immaginare un’operazione in quattro e quattr’otto. Tra l’altro questo significherebbe smettere di produrre il vaccino contro la meningite. Bisogna però tenere conto che serve lo standard e l’approvazione prima dell’Ema e poi dell’Aifa – ha specificato ancora Rappuoli – e i tempi non sarebbero brevi. Ma ci potrebbe essere un’altra via: il trasferimento in Italia della tecnologia già sviluppata da parte di Pfizer o Astrazeneca per esempio, e in questo caso ci vorrebbero dai 7-8 mesi a un anno. Mentre partendo da zero con gli impianti, per arrivare alla produzione si impiegherebbero 2 anni». Tempi troppo lunghi. Intanto l’aggiornamento quotidiano sul numero di vaccini somministrati in Italia registra che le dosi inoculate hanno superato i 3 milioni e mezzo. Alle 15 la cifra era di 3.537.975. I vaccinati con due dosi, compreso il richiamo, sono ora 1.332.163.
Delle oltre 3,5 milioni di dosi somministrate, 2.210.876 sono andate a personale sanitario e sociosanitario, 638.483 a personale non sanitario, 367.054 a ospiti delle Rsa, 261.444 a over 80, 24.902 a membri delle forze armate, 35.216 al personale scolastico. La maggior parte delle dosi impiegate, secondo dati del ministero della Salute, sono del vaccino Pfizer-Biontech (3.334.254), quindi Astrazeneca (110.016) e Moderna (93.705). Intanto molto malumore è stato espresso per quello che il presidente e Ad di Irbm Pomezia Piero Di Lorenzo ha definito un tiro al vaccino insopportabile: «Non si giustifica questo accanimento sul vaccino Astrazeneca. Ho il sospetto che dia fastidio perché costa troppo poco. Entro la fine di marzo ci sarà la consegna di 5 milioni di dosi. Nel secondo trimestre dell’anno, il 99% delle dosi sarà quello promesso e ci sarà anche un recupero. In Francia invece Sanofi, il marchio che ha dovuto ritardare la messa a punto del proprio vaccino, produrrà quello della concorrente Usa Johnson & Johnson.