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Smart working: 54% delle imprese lo continuerà anche dopo il Covid

Lavoro in smart-working  ANSA

ROMA – Smart working, che succederà una volta finita l’emergenza? Questo il quesito sul quale ci si interroga già da qualche tempo. In tanti, sindacati in primis, invocano una regolamentazione più chiara chiamata a fissare con maggior precisione il perimetro. Certo è che, anche a pandemia archiviata, sarà impossibile tornare al mondo pre-Covid. La rivoluzione innescata inconsapevolmente dalla pandemia è ormai un passaggio senza ritorno.

Insomma, sembra proprio che da emergenza a nuovo modello di lavoro, il passo sia stato decisamente breve. Se prima dello scoppio della pandemia era davvero sparuta la fetta di lavoratori ad usufruire del lavoro agile, il boom che si è reso necessario in scia alle restrizioni in atto nel nostro Paese per contenere la diffusione della pandemia nel nostro Paese limitando la circolazione, sembra destinato a non sgonfiarsi. Numeri alla mano, prima dell’emergenza sanitaria vi faceva ricorso appena il 13% delle imprese (intorno ai 500mila addetti, secondo i dati dell’Osservatorio del politecnico di Milano), mentre ad oggi solo il 4% delle imprese non lo ha mai utilizzato.

Più della metà delle aziende, il 54% per la precisione, dichiara che continuerà a far ricorso allo smart working anche dopo, in misura pressoché permanente. Bisognerà però disegnare una nuova settimana lavorativa e l’opinione prevalente è spezzarla a metà: 2,6 giorni in presenza e 2,4 a distanza.

Un mix che punta ad incentivare rapporti sociali ed interazione, aspetti che restano comunque centrali e devono essere quindi incoraggiati. A scattare la fotografia, anticipando i futuri scenari, uno studio realizzato da Fondirigenti, che ha sondato con il Quick survey Smart working 2.0 le sue 14mila aziende aderenti.

E l’ambiente ringrazia: gli spostamenti limitati contribuiscono a ridurre le emissioni di anidride carbonica di circa 300 chili a persona l’anno, consentendo a ciascuno un risparmio di oltre mille euro.

Solo lati positivi? Ovviamente no. Non manca, infatti, qualche “lato oscuro”. Bisogna fare i conti con il “deficit” di socialità ma anche con una lunga serie di problemi tecnico-logistici, connessione in primis. Preoccupano anche il timore di essere sommersi da un numero indefinito di call durante la giornata che chiama in causa un’altra questione: l’incognita orari.

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Ezzelino da Montepulico


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