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Covid, appello dei medici: «La gente muore sotto i nostri occhi. Basta assembramenti»

Lasciamo da parte le polemiche politiche e anche le battaglie di chi, ormai allo stremo, chiede di spostare di un’ora il coprifuoco, o di annullarlo completamente. Qui si parla d’altro: ossia del dovere sociale alla prudenza, ai comportamenti attenti, all’impegno ad evitare gesti sconsiderati che possono vanificare i sacrifici di tutti. E rendere impossibile la vita di chi, nelle corsie degli ospedali, lotta quotidianamente per strappare nuove vittime al virus. Qui si parla della lettera che l’Ordine dei medici di Firenze, guidato dal dottor Pietro Dattolo, ha scritto a tutti. Per raccontare che cosa succede nelle corsie e nelle sale operatorie, quando l’ultima speranza è affidata a un respiratore.

«E’ quasi notte – comincia la lettera – ma le tapparelle della finestra rimangono a mezza altezza. Stiamo cercando di salvare una donna di 50 anni, ha avuto una crisi. Non riesce più a respirare. Le infiliamo il tubo lungo la trachea per farle arrivare l’ossigeno. Dopo ore la visiera è appannata per il sudore, ma non possiamo sbagliare nessuna manovra. Ha il petto scoperto, le rimettiamo gli elettrodi. Osserviamo le luci verdi dell’elettrocardiogramma. Il Covid e la polmonite le stanno togliendo la vita. Passa mezz’ora e ci chiama sua figlia da casa, vuole sapere come sta».

E qui il medico, che dovrebbe essere solo professionale, diventa sensibile, partecipa al dolore di chi vuol sapere. La lettera cosìm prosegue: «Non possiamo mentire, ma non abbiamo una risposta, lei continua a chiedere. Rimane in attesa ed è un lungo silenzio che fa male al cuore. Nel corridoio ci sono poche luci accese, si sentono le sirene di un’ambulanza mentre si sta fermando davanti al pronto soccorso. Ci guardiamo attorno, le stanze sono tutte piene. Dovrà restare in attesa. C’è un’altra crisi cardiaca nella camera 3, due infermieri avvolti nella plastica blu corrono a dare una mano. In fondo al corridoio qualcuno ha acceso il televisore. Vediamo le piazze stracolme di ragazzi e manifestanti, mascherine abbassate, bottiglie in mano, resse. Grandi risate. Arriva un’altra ambulanza. Questa volta si è liberato un posto letto, un decesso nella stanza 11. Si ricomincia».

Infine l’appello, accorato, ad evitare gli assembramenti, a lottare e a bloccare il virus. Altrimenti non ci sarà speranza di vincere questa nuova, straziante, terrificante guerra: «Diteci voi cosa dobbiamo fare. Qualcuno ci indichi la strada, perché come medici abbiamo sempre lavorato per curare una società che non vuole ammalarsi, che si rivolge ai professionisti perché ha paura di soffrire, di perdere i propri cari. E’ chiaro che ora le priorità sono cambiate o non si spiegherebbero le folle per le strade. La tutela della salute è uno dei pilastri della nostra Costituzione, ma quel principio sembra essere confinato solo nei reparti ospedalieri. Diteci cosa rispondere alle famiglie che ci chiamano, agli anziani rimasti soli che guardano fuori dalla finestra. Noi le parole le abbiamo finite». E’ tutto.

allarme, assembramenti, lettera aperta, Ordine dei medici, Pietro Dattolo


Sandro Bennucci

Direttore del Firenze Post Scrivi al Direttore

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