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Coprifuoco e riaperture: pressing su Draghi. Che prende tempo

Firenze: piazza Signoria dezserta sotto lo sguardo del sindaco, Dario Nardella (Foto ANSA)

ROMA – Coprifuoco, parametri per ridefinire i colori delle Regioni, aperture dei settori più penalizzati come ristoranti al chiuso e palestre. Nel governo c’è aria di bagarre: o di sfida fra le posizioni del centrodestra e quelle dell’asse Pd-Leu, con il Movimento 5 Stelle che, come gli capita spesso, ondeggia un po’ di qua e un po’ di là. Il risultato è che non è ancora stata fissata la cabina di regia politica per il tagliando alle misure in vigore, annunciato per metà maggio: è possibile che l’incontro ci sia venerdì e che l’unica decisione che verrà presa è il posticipo del coprifuoco alle 23 a partire da lunedì prossimo. Draghi prende tempo. Ma intanto gli effetti dello stallo si sono visti nel vertice a palazzo Chigi.

«VOGLIAMO RIAPRIRE» – Il compromesso, dicono diverse fonti ministeriali, potrebbe essere appunto nel posticipo del coprifuoco alle 23 e nella definizione di una data certa per quei settori che non hanno ripreso le attività: il wedding, che potrebbe ripartire il 15 giugno, i centri commerciali, che potrebbero tornare a lavorare nei fine settimana dal 23 di maggio. Non dovrebbero esserci invece novità per i ristoranti al chiuso, le palestre (il decreto prevede il 1 giugno) e i parchi tematici (1 luglio), oggi scesi in piazza a Roma: «Lo stato si è completamente dimenticato di noi, vogliamo riaprire subito», è la richiesta generale. Sul tavolo del governo c’è poi un’altra partita ed è quella della modifica dei parametri che definiscono i colori delle Regioni. Se si continua a tenere in considerazione l’Rt già dalla settimana prossima diverse regioni potrebbero finire in arancione, considerando che con le riaperture l’aumento dei contagi è scontato. Se si vuole rendere la ripartenza irreversibile, dunque, è necessario cambiare modo di valutazione. La proposta su cui si confronteranno nelle prossime ore governo e regioni è di tenere in considerazione l’Rt ospedaliero, cioè la situazione dei malati covid nelle terapie intensive e nei reparti ordinari. In zona ad alto rischio si andrebbe se le prime superano il 20% del totale dei posti disponibili e le seconde il 30% (oggi la soglia critica è rispettivamente del 30 e del 40%). Verrebbero inoltre definite 3 fasce d’incidenza, con la più alta fissata a partire da 150 casi ogni 100mila abitanti

DOSSIER – Ad introdurre il tema delle riaperture e del coprifuoco sono stati innanzitutto la ministra degli Affari Regionali Mariastella Gelmini, il collega della Lega Giancarlo Giorgetti e la titolare di Italia Viva Elena Bonetti. Ma il dossier è stato messo sul tavolo quando Draghi aveva già lasciato la riunione ed era rimasto solo il sottosegretario Roberto Garofoli. Una mossa, quella del premier, che ha tagliato sul nascere ogni possibile discussione anticipata rispetto ai tempi immaginati da palazzo Chigi. Del resto, già nelle scorse ore dalla sede del governo filtrava la linea della prudenza. Una linea secondo la quale la cabina di regia per la valutazione dei dati andrebbe fissata solo la settimana prossima. Numeri che, dettaglio non irrilevante, non forniranno ancora una fotografia piena degli effetti delle riaperture decise il 26 aprile. Ma il pressing dei partiti è forte. L’ipotesi che venerdì ci possa essere un confronto sul tema nel governo, non è ancora da escludere. Così come non è da escludere che il dossier possa emergere nel corso del Cdm chiamato a dare il via libera al nuovo decreto sostegni.

«ITALIANI CHIUSI IN CASA» – Il centrodestra però insiste e per alzare il pressing presenta al Senato una mozione firmata da tutte le forze politiche, Lega, Forza Italia, Udc e Cambiamo: via il coprifuoco, è la richiesta, anticipare le riaperture previste per giugno e luglio, dunque ristoranti al chiuso, palestre, parchi tematici, fiere, convegni e congressi, consentire l’organizzazione di eventi e cerimonie dando il via libera al settore del wedding, aprire gli stadi al pubblico e i centri commerciali nel fine settimana. «Chiudere gli italiani in casa alle 22 è immorale – dice Matteo Salvini – Davanti a questi dati che abbiamo perché continuare a impedire agli italiani di tornare a lavorare con buon senso ed in sicurezza?». Parole alle quali fonti del partito del ministro della Salute Roberto Speranza replicano sottolineando che è proprio la linea della prudenza ad aver garantito un miglioramento della situazione. Ma si tratta di una linea esile, che stenta davvero a reggere.

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Sandro Bennucci

Direttore del Firenze Post Scrivi al Direttore

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