A far scattare l’iter, condiviso dall’amministrazione e dal prefetto Alessandra Guidi, sono state le «numerose violazioni alle normative anticovid» e l’»inosservanza dei provvedimenti di sospensione dell’attività».
«Tito», com’è noto, non ha mai obbedito alle numerose contestazioni che gli son state mosse, in ogni colore: zona rossa, zona arancione o zona gialla, Momi ha sempre aperto ogni sera, nonostante multe, ordinanze di chiusura e sigilli. E delle denunce.
«Le violazioni contestate hanno riguardato la reiterata inosservanza dell’obbligo di rimanere chiuso e la rimozione dei sigilli apposti al locale – spiega una nota di Palazzo Vecchio -, chiara manifestazione del dispregio delle regole di condotta a presidio della salute e della sicurezza pubblica e dei criteri di leale concorrenza che dovrebbero orientare il comportamento non solo di chi opera in un delicato settore del commercio pubblico ma di qualunque cittadino». Ma Momi, reagisce: «Una cosa assurda, percorreremo ogni strada, e continueremo a lavorare», dice il ristoratore.
Stefano Agnesini, presidente di Confederazione Imprese per l’Italia, che ingloba ‘lo apro’, contesta duramente la posizione dell’amministrazione fiorentina. «Metteremo in campo la nostra task force di legali e chiederò un incontro al sindaco Nardella – dice Agnesini -. Condanniamo l’accanimento nei confronti del nostro ristoratore, Momi non è un delinquente ma un imprenditore che combatte una battaglia per non mandare in mezzo a una strada i suoi cinquanta dipendenti, che è rimasto aperto per necessità aziendale ma anche per mandare un messaggio sindacale a tutti gli iscritti».