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Corte giustizia Ue: fra i ricavi in nero accertati dal fisco va ricompresa Iva

La Corte di giustizia europea

BRUXELLES – L’ammontare dei ricavi occultati dall’impresa, ricostruiti dall’amministrazione finanziaria in sede di accertamento ai fini reddituali, deve considerarsi comprensivo dell’Iva, che deve quindi essere scorporata e non aggiunta, salvo che, nonostante l’evasione, la normativa nazionale preveda la possibilità di rivalsa e detrazione dell’imposta. Non è di contro ammissibile che l’autorità fiscale adotti una diversa modalità di calcolo dell’imponibile per fini latamente punitivi, potendo a questo scopo ricorrere all’irrogazione di sanzioni.

E’ quanto emerge dalla sentenza della Corte di giustizia Ue 1° luglio 2021, causa C-521/19, che segue l’indirizzo già tracciato dalla precedente giurisprudenza in tema di determinazione della base imponibile Iva sulle operazioni non dichiarate, effettuate, nella fattispecie, tra soggetti passivi dell’imposta. Il procedimento pregiudiziale era stato promosso dai giudici spagnoli nell’ambito di una controversia su un accertamento con il quale l’amministrazione aveva ritenuto che i corrispettivi percepiti e non fatturati né dichiarati da un operatore economico per la sua attività di intermediazione, ricostruiti dall’amministrazione stessa ai fini delle imposte sui redditi, costituissero la base imponibile su cui calcolare l’Iva dovuta all’erario, mentre l’interessato riteneva che l’imposta dovesse considerarsi inclusa nell’ammontare accertato.

In via preliminare, la Corte osserva che, pur costituendo la lotta alle frodi e all’evasione un obiettivo promosso dalla direttiva Iva, la determinazione della base imponibile di un’operazione tra soggetti passivi non rientra tra gli strumenti a disposizione degli stati membri per raggiungere tale obiettivo, sicché non è ammesso adottare, in caso di frode, un’interpretazione di dette disposizioni diversa da quella che dovrebbe essere adottata in assenza di comportamento fraudolento. Un simile comportamento può comportare, oltre alle sanzioni, l’impossibilità di detrarre l’imposta per assenza di fattura, ma non una deroga in materia di base imponibile dell’operazione. Inoltre, occorre considerare che la ricostruzione delle operazioni occultate da parte dell’amministrazione implica margini inevitabili di incertezza, non essendo possibile arrivare ad un risultato puntuale.In queste circostanze, la base imponibile Iva, ossia il corrispettivo realmente ricevuto dal soggetto passivo, che non include l’Iva, quando deriva da una ricostruzione a posteriori delle operazioni occultate, deve essere intesa come comprensiva dell’imposta che ha gravato sulle operazioni stesse, pena la violazione del principio di neutralità.

La sentenza conclude quindi che qualora un soggetto passivo, commettendo un’evasione, non abbia né indicato l’esistenza dell’operazione al fisco, né emesso fattura, né fatto figurare in una dichiarazione ai fini delle imposte dirette i redditi così ottenuti, la ricostruzione degli importi versati e percepiti in tale occasione deve essere intesa come un prezzo già comprensivo dell’Iva, a meno che, secondo il diritto nazionale, i soggetti passivi abbiano comunque la possibilità di ripercuotere e detrarre successivamente l’Iva in questione (come previsto, di regola, nella normativa nazionale, dall’art. 60, u.c., del decreto 633/72).

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