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Firenze, omelia del cardinale Betori nel giorno di Maria e della pace: “Il virus della guerra in Ucraina deve essere sconfitto”

Il cardinale Giuseppe Betori

Ecco il testo integrale dell’omelia pronucniata dall’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, durante la messa del pomeriggio del primo gennaio 2023 in cattedrale.

Il nuovo anno inizia per la Chiesa nel nome di Maria, la Madre di Dio. Siamo invitati a contemplare un fatto che si colloca al di fuori di ogni possibilità umana: una creatura che diventa madre del proprio Creatore, grazie a una giovane di Galilea si realizza la presenza umana del Figlio di Dio nel mondo. Se
questo evento, come ci ha ricordato san Paolo, è «la pienezza del tempo» (Gal 4,4), Maria si colloca al centro di questa pienezza accanto al suo Figlio e, nell’umiltà della sua persona, svela la grandezza dell’umanità, che Dio innalza a strumento della salvezza del mondo.

Il ruolo di Maria nella storia della salvezza diventa motivo di lode, di lei e quindi di Dio che in lei ha compiuto queste meraviglie, ma anche segno di come ora sia il popolo dei credenti a doversi fare strumento di generazione di Cristo nel mondo. Il singolare privilegio di Maria di essere la Madre del Figlio di Dio la pone al di sopra di tutte le creature umane, ma diventa al tempo stesso un modello per noi chiamati a rendere presente, tramite la nostra vita, l’opera salvifica del suo Figlio.

Un mistero grande, questo, che chiede anzitutto che si assuma l’atteggiamento di meditazione e di lode che caratterizza la grotta di Betlemme nei suoi protagonisti, come abbiamo ascoltato dal vangelo: «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono,
glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto» (Lc 2,19- 20). Maria e i pastori sono tutti presi dallo stupore di fronte alla grandi cose che Dio fa per gli uomini, destinatari del suo amore.

Gli angeli, apparendo ai pastori, hanno svelato che l’amore di Dio si fa dono di pace, perché nell’inviarci il suo Figlio il Padre ci offre la riconciliazione, con sé e tra di noi: «Sulla terra pace agli uomini, che [Dio] ama» (Lc 2,14). E in questo primo giorno dell’anno, ormai da cinquantasei anni, la Chiesa invita a celebrare la Giornata Mondiale della Pace, momento di riflessione e di preghiera per renderci consapevoli dei pericoli che minacciano la pace e individuare le strade da affrontare per rimuovere quanto la ostacola.

Riflessione particolarmente urgente in questi giorni in cui la guerra si è fatta particolarmente vicina a noi, nella terra dell’Ucraina. Quest’anno il Santo Padre, nel suo Messaggio, parte dall’esperienza dei
momenti più oscuri della pandemia e ne ricorda la natura, i caratteri, gli ambiti di vita che essa ha colpito. Il ricordo, per il Papa, deve condurre alla domanda che conta: che cosa ci ha insegnato la pandemia? è stata essa un’esperienza da cui attingere per migliorare questo mondo? Queste le parole del Papa: «Dopo tre anni, è ora di prendere un tempo per interrogarci, imparare, crescere e lasciarci trasformare, come singoli e come comunità; un tempo privilegiato per prepararsi al “giorno del Signore”. Ho già avuto modo di ripetere più volte che dai momenti di crisi non si esce mai uguali: se ne esce o migliori o peggiori. Oggi
siamo chiamati a chiederci: che cosa abbiamo imparato da questa situazione di pandemia? Quali nuovi cammini dovremo intraprendere per abbandonare le catene delle nostre vecchie abitudini, per essere meglio preparati, per osare la novità?

Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?» (Messaggio per la LVI Giornata Mondiale della Pace, n. 3). La risposta che il Papa offre è che l’aver toccato con mano la fragilità ci ha rivelato il bisogno della fratellanza umana, perché «nessuno può salvarsi da solo» (Ivi, 3). Ascoltiamo ancora le sue parole: «Un benefico ritorno all’umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi veramente eroico, di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell’emergenza», tutti le cose buone emerse nella pandemia, invitano «a rimettere al centro la parola “insieme”. Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. […]

Solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali,
sociali e mondiali» (Ivi, 3). Su questo scenario si è ora abbattuta la sciagura della guerra, quella
dell’Ucraina in particolare. Il Papa invita a prendere atto che «certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato» (Ivi, 4). «Cosa, dunque, ci è chiesto di fare?» si chiede il Papa. E risponde: «Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto,
di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più ensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la
protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione de nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune» (Ivi, 5).

E nella conclusione Papa Francesco ci avverte: «Non si può ignorare un dato fondamentale: le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell’altro. E allora, siamo
chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione» (Ivi, 5).
In questa festività liturgica di Maria SS.ma Madre di Dio, a lei vogliamo affidare la causa della pace; a lei, Vergine Madre di Dio, che ci è modello nel conservare nel cuore il passaggio di Dio nella storia dell’umanità e nella vita di ciascuno e nello scegliere sempre secondo la volontà di Dio, che è volontà di
amore e di responsabilità comune.

Maria è anche colei che, in questo inizio di nuovo anno, dalla grotta ci porge il Bambino Gesù, invitandoci a riconoscere in lui il centro della storia, la luce profonda del tempo, il principio di ogni vero rinnovamento del mondo nell’amore e nella pace. Come i pastori a Betlemme,
anche noi innalziamo oggi a lui la gloria e la lode. E invochiamo la benedizione divina sui nostri giorni:
«Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6,24-26).

cardinale betori, giorno di Maria, Ucraina

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