Betori: «Maggio, parte irrinunciabile dell’identità di Firenze»
FIRENZE – La speranza è il file rouge della lectio magistralis – «Macbeth: dalla violenza alla speranza» – tenuta stamani nel rettorato dell’Ateneo fiorentino dall’arcivescovo di Firenze cardinale Giuseppe Betori. Hanno assistito, tra gli altri, il rettore Alberto Tesi, l’assessore comunale alla Cultura Sergio Givone e lo stesso commissario del Maggio Francesco Bianchi, in occasione dell’apertura di stasera del Festival con il Don Carlo di Giuseppe Verdi in forma di concerto che, terminerà a giugno proprio con la rappresentazione del Macbeth.
Un messaggio, quello di Betori, significativo e profondo che, partendo dalla violenza – protagonista del dramma di Shakespeare e di Verdi – abbraccia infine la speranza di uscire da questa logica grazie all’amore. Betori non nasconde la sua preoccupazione nei confronti del Maggio musicale fiorentino che sta attraversando una situazione difficile. Bianchi, dal canto suo, ha aggiunto che «continuo a coltivare la speranza insieme a tutte le maestranze del teatro perchè questa istituzione continui ad avere il posto che le spetta nel panorama culturale italiano». «Abbiamo bisogno una parola di speranza – ha poi proseguito – ed è per questo che abbiamo invitato a parlare l’uomo più eminente della chiesa fiorentina. Il Maggio deve essere un’istituzione sempre più dentro la città, con sempre maggiori rapporti con la cittadinanza e le istituzioni; ma se questo non avviene, il Maggio non ha ragione di esistere».

A Firenze il Maggio musicale ha rappresentato «un grande contributo e stimolo alla produzione della musica in epoca contemporanea: rinunciare a tutto questo significherebbe rinunciare a un pezzo della nostra identità, e non possiamo permettercelo», ha sottolineato il cardinale prendendo la parola. Che – citando alcuni passi del Macbeth che andò in scena per la prima volta a Firenze il 14 maggio del 1847 al teatro della Pergola – ha ripreso uno dei monologhi più belli della tradizione shakespeariana. “La vita è solo un’ombra che cammina, un povero attore che incede e si agita sul palcoscenico, e poi non lo si sente più: è una storia raccontata da un idiota, piena di rumori e di rabbia, che non significa niente”.
«Perchè la violenza dovrebbe spaventare? – ha chiesto infine Betori – Perchè ci accompagna per tutta la vita. Ma il modo in cui la tradizione cristiana risponde alla logica della violenza è ben racchiusa nel capitolo 53 del libro di Isaia che presenta un uomo disperato che, malgrado sia vittima di violenza, accetta ugualmente di essere deriso.
Di seguito video-intervista all’arcivescovo Betori. Senti cosa dice sul Maggio Musicale fiorentino.
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