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Don Carlo

Il Don Carlo dimezzato

Don Carlo
Applausi al termine della prima di Don Carlo al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Il Don Carlo, che fino al 12 maggio va in scena al Teatro Comunale, ha inaugurato la stagione più difficile del Maggio Musicale Fiorentino. E l’atmosfera della prima ha avuto proprio quell’amaro sapore di un fasto passato e irripetibile. Per una passata gestione non lungimirante forse, per una crisi che sembra non finire più, sicuramente, per una disaffezione del grande pubblico, ci sembra onesto aggiungere.

Il Teatro della prima era pieno, certo, ma i biglietti erano in parte offerti da Confindustria e dalla Bassilichi spa, dopo l’appello del Commissario straordinario Francesco Bianchi. Eppure si tratta dell’Orchestra più prestigiosa d’Europa. Eppure il Coro è ineguagliabile a livello mondiale. Eppure Zubin Mehta è sicuramente il più bravo, il più magnetico, il più amato. Eppure gli applausi alla fine di ogni atto sono scroscianti, per i protagonisti, per i 100 coristi e i 100 orchestrali guidati dal Maestro che non si stanca di chiedere di salvare il Maggio e che promette, prima di iniziare lo spettacolo: «Noi vinceremo questa battaglia».

Intanto è andato in scena per la prima volta nella sua storia un Don Carlo fatto di musica e voci. Nessuna scenografia, nessun costume, nessun trucco scenico, nessuna coreografia. Eppure l’opera, come tutte quelle di Verdi, è un gigantesco e trionfale dramma in cinque atti che parte dal Castello di Fontainebleu e dal bosco in cui si incontrano e si innamorano la principessa Elisabetta di Valois e l’Infante di Spagna Don Carlo, per passare alla Corte di Spagna e ai dolori del protagonista, il quale vedrà la sua amata impalmare suo padre, il Re Filippo II per il bene della pace tra Francia e Spagna. Quel Don Carlo che nella realtà storica era pazzo come molti suoi avi e per questo fu, per ordine del padre, rinchiuso in prigione dove trovò la morte giovanissimo.

Nella trasposizione lirica, diversamente, verrà fermato dal padre per gelosia d’amore ma anche per differenze sulla concezione del potere politico. Alla tirannia paterna Don Carlo si oppone dando ascolto e sostegno alle istanze libertarie dei popoli delle Fiandre. In una Spagna infiammata dall’Inquisizione, il Don Carlo dell’opera verdiana rappresenta non già la pazzia, ma la forza giovane del rinnovamento, l’impeto della passione che però deve confrontarsi con la ragion di Stato. Un dramma mastodontico per la complessità del libretto dei francesi Mery e Du Locle che si conclude, di contrasto, come in un soffio: con il nonno, CarloV, che in forma di spirito strappa dalla violenza e dalla morte il nipote Don Carlo, appunto, che così (a differenza di quanto avvenuto nella realtà) può continuare a vivere.

Un augurio anche per il Maggio Musicale viene da pensare: che lo spirito di qualcuno che gli vuol bene, lo strappi via dalla morte per restituirlo a nuova vita.

Maggio Musicale

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