Lavoro: striscione da Ponte Vecchio, no ai lincenziamenti alla Targetti
FIRENZE – Uno striscione appeso sul Ponte Vecchio con scritto «No ai licenziamenti! La Targetti è Firenze». E’ l’iniziativa dei lavoratori dell’azienda fiorentina di illuminazione architettonica, che hanno sfilato in corteo per le vie del centro storico. Una protesta contro i 160 licenziamenti annunciati dalla direzione aziendale della Targetti Sankey a cui i 245 lavoratori dello stabilimento fiorentino e i sindacati si oppongono con forza.
«Nei giorni scorsi abbiamo chiesto all’azienda di ritirare le procedure di licenziamento. Come sindacato siamo disposti a dialogare con l’impresa su tutto ma senza questa spada di Damocle –ha detto il segretario della Fiom di Firenze Daniele Calosi– Il piano che l’azienda ci ha presentato è solo per la ristrutturazione del debito finanziario che ammonta a circa 180 milioni, e non c’è un rilancio industriale. Siamo al paradosso che noi abbiamo presentato un piano industriale degno di questo nome all’azienda, che ha tutte le potenzialità per potersi rilanciare, ma la nostra proposta non è stata accettata».
La prossima settimana istituzionali con Comune e Provincia di Firenze e poi con la Regione.
«Non ci possiamo permettere, in un momento come questo, di perdere altro lavoro e per di più in una realtà di eccellenza e con forti legami col territorio come la Targetti-Sankey. E’ assolutamente necessario trovare strade diverse da quella dei licenziamenti per affrontare la crisi dell’azienda. E la manifestazione dei lavoratori ha mandato oggi un segnale forte che deve essere ascoltato». Lo ha detto il governatore della Toscana Enrico Rossi, commentando la situazione della storica azienda fiorentina di illuminazione. L’azienda è di proprietà della famiglia Targetti di cui fa parte anche il vicepresidente della Regione Stella Targetti. «L’impegno di tutti -ha aggiunto Rossi- deve essere quello di garantire una prospettiva industriale che rilanci il ruolo della Targetti Sankey sul mercato italiano e internazionale. E questo non lo si può certo fare disperdendo il know-how acquisito in anni di esperienze e di cui soprattutto i lavoratori sono depositari. Per questo la strada scelta finora dall’azienda è incomprensibile, oltre che socialmente insostenibile. Se l’unica proposta è quella di 160 licenziamenti tutto diventa più difficile, anche per le istituzioni e per i sindacati».