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Raffaele Sollecito e il legale Giulia Bongiorno al processo di Firenze

Omicidio Meredith, l’accusa: «Amanda e Raffaele sul luogo del delitto»

Raffaele Sollecito e il legale Giulia Bongiorno al processo di Firenze
Raffaele Sollecito e il legale Giulia Bongiorno al processo di Firenze

COSA HA DETTO L’IMPUTATO RAFFAELE SOLLECITO AI GIORNALISTI DURANTE UNA PAUSA

FIRENZE – Requisitoria del sostituto procuratore generale, Alessandro Crini, al processo d’appello bis, a Firenze, per il delitto di Meredith Kercher uccisa nel 2007 a Perugia.

Raffaele Sollecito, imputato insieme ad Amanda Knox, era presente in aula in Corte d’assise d’appello a Firenze per assistere all’udienza. Sollecito ha partecipato anche alla scorsa udienza, rilasciando dichiarazioni spontanee. Stamani è arrivato in aula senza soffermarsi a parlare con i giornalisti.

Alessandro Crini, concludendo nell’udienza di domani, dovrà formulare le proprie richieste: in primo grado, a Perugia Amanda Knox venne condannata a 26 anni di reclusione e Raffaele Sollecito a 25. I due furono assolti in appello, sentenza poi annullata dalla Cassazione.

LA CASSAZIONE. «La sentenza di appello con cui la Corte d’assise di Perugia ha assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito è stata rasa al suolo dalla Cassazione -ha detto Crini, durante la sua requisitoria- La censura della Cassazione è spalmata su tutta la vicenda. Chiedo alla Corte di non rifare l’errore compiuto nel metodo dalla corte d’assise d’appello di Perugia, che ha assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito atomizzando gli elementi di accusa: ha separato, invece di unire gli elementi, perdendo così una visione di insieme».

L'aula della Corte d'Appello di Firenze (Foto Riccardo Sanesi)
L’aula della Corte d’Appello di Firenze (Foto Riccardo Sanesi)

L’ALIBI FALSO DI SOLLECITO. Secondo il pg l’alibi di Sollecito è falso, lo ha detto senza mezzi termini: «Dico che stavo interagendo con il pc -ha spiegato Crini, citando Sollecito e sottolineando che con gli investigatori in un primo momento parlò al singolare- ma questo elemento trova riscontri negativi e questo dato conferisce dignità al ragionamento sulla possibile falsità dell’alibi». Per Crini, dagli accertamenti dei consulenti emerge che non è dimostrato che Sollecito interagì con il pc e questo «elemento ci dà una  rappresentazione di non autenticità che è importante e che dal punto di vista della prova rappresenta un alibi che non è semplicemente fallito, perché nel momento in cui tu lo consegni sai che non è autentico».

Il sostituto procuratore generale Alessandro Crini (foro Riccardo Sanesi)
Il sostituto procuratore generale Alessandro Crini (foro Riccardo Sanesi)

LA CONDANNA DI GUEDE. «La condanna di Rudy Guede a 16 anni di carcere, inflitta con rito abbreviato, per l’omicidio di Meredith Kercher non mi è sembrata centratissima –ha detto Crini- Guede è un assassino, condannato». Secondo il pg «il finto furto fu un depistaggio: non puoi far  sparire il cadavere e quindi cerchi di confondere le acque».

AMANDA E RAFFAELE SUL LUOGO DEL DELITTO. «Nella calunnia a Patrick Lumumba -dice Crini- Amanda Knox inserì l’urlo e la violenza, elementi di verità: da dove derivano questi dati se non dall’essersi confrontata direttamente con questa vicenda? La componente onirica appare un po’ barocca una giustificazione per dare un senso ad affermazioni che invece hanno un significato primario dal punto di vista dell’indizio. Io attribuisco alla calunnia a Lumumba un rilievo primario non me la sento di dire che fu una cosa giovanile. La presenza della Knox -ha poi detto- è difficilmente sganciabile dalla presenza di Sollecito sul luogo del delitto. Amanda disse alla madre che Patrick Lumumba non c’era. Cosa ti dà questa certezza se non il fatto di essere stata presente?».

Per Crini «i sospetti sulla Knox trovano un gancio nel racconto di questa signorina, per  il fatto che non è convincente. La madre delle perplessità nasce dal fatto che Amanda disse di essere tornata a casa, dopo aver dormito da Raffaele Sollecito, per fare la doccia ma di non aver visto il caos provocato dal furto che sarebbe stato compiuto nella camera della sua coinquilina».

Una curiosità. Non c’è pace per la villetta di via della Pergola, a Perugia, dove nella notte tra il primo e il 2 novembre del 2007 venne uccisa Meredith Kercher: nella casa, rimasta a lungo vuota dopo il delitto della giovane studentessa inglese, otto persone, tutte di origini marocchine, fra le quali due neonati, sono rimaste intossicate dal monossido di carbonio. Le loro condizioni non destano preoccupazione.


Massimiliano Mantiloni

Giornalista

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