Crisi e debiti, imprenditore si uccide a Fiesole

FIESOLE (Firenze) – Un imprenditore edile in difficoltà economiche, Giovanni Giachi di 55 anni, si è tolto la vita stasera intorno alle 17 nell’aia della casa della sua compagna sulla collina di Fiesole. Prima di compiere il gesto ha chiamato il 113 cercando un ultimo contatto con qualcuno: dalla centrale operativa della questura hanno capito il dramma che stava vivendo e hanno cercato di tenerlo al telefono il più possibile, cercando di rintracciare la sua posizione attraverso il segnale del suo cellulare. Nel frattempo sono stati avvisati i carabinieri che hanno cercato di raggiungerlo ma quando sono arrivati a casa sua, in località Ontignano – tra Settignano e Compiobbi – il Giachi aveva già riattaccato il telefono e si era sparato un colpo con il suo fucile.
Vicino al suo corpo i militari hanno trovato l’arma e due biglietti. Uno era indirizzato ai familiari: la compagna e una figlia di 10 anni, altri due figli ormai grandi li aveva avuti da un precedente matrimonio. Proprio la donna e la bambina sono arrivate a casa poco il tragico gesto, ma sono state allontanate dai militari e da alcuni vicini. Nel secondo biglietto l’imprenditore avrebbe lanciato accuse nei confronti di alcuni personaggi che –a suo dire – avrebbero portato al fallimento la sua ditta. Si parla crediti, debiti, di alcune banche con cui l’impresa lavorava. Dopo il fallimento della ditta di impianti e manutenzione, l’uomo aveva cercato di risollevarsi aprendone una individuale grazie alla quale effettuava saltuari lavori idraulici. Ma evidentemente il peso della propria posizione debitoria era ancora determinante, fino alla decisione di chiudere «il conto» con la vita.

Alfredo Sibaldi
Me maledetto, qualche minuto fa, contrariamente a quanto mi sono imposto, di non seguire i notiziari al mattino, apprendo che un disgraziato si è ucciso pressato dai debiti.
Voglio raccontavi, cari amici, una mia esperienza di questi giorni. Circa tre mesi fa, mi arriva un avviso di un debito insoluto, con un ente, da parte di un società recupero crediti.
Tale debito era dovuto per una tassa TIA non pagata, la vecchia spazzatura.
Come vedete non faccio nomi, almeno al momento, in quanto ho intenzione di adire per vie legali.
L’importo è elevato.
Invio ben due raccomandate AR a questa società, la prima contestualmente all’arrivo della cartella esattoriale, la seconda dopo un mese non avendo ricevuto risposta alcuna.
Raccomandate regolarmente ricevute di cui fa fede la cartolina debitamente firmata e datata a me restituita.
Tre giorni fa, senza che neanche alla seconda raccomandata fosse seguita risposta, mi arriva da parte di questa società, la comunicazione del fermo amministrativo di due auto in nostro possesso.
Telefono immediatamente alla società in questione, e un signore gentilissimo, mi dice che sì forse le raccomandate sono arrivate, ma lui non ne sapeva niente e mi invita a rimandarle per mail.
Evidenzio anche che, avevo inviato una raccomandata ar, anche al sindaco della città, dove risultavo debitore, persona conosciuta, la quale al pari della società sopra menzionata, si è ben guardato di rispondermi.
I commenti sarebbero tanti, al momento mi limito ad illustrare i fatti.
Chi vorrà commentare sarà ben gradito.