Province, oggi il Senato decide se abolirle. Altrimenti a maggio si rinnovano

Viene battuto per due volte, il governo, in Commissione affari istituzionali del Senato, sul riordino delle Province. Poi il provvedimento passa, ma per soli 4 voti. Così oggi potrà andare in Aula per l’esame complessivo. Si tratta dell’ennesimo tentativo, forse la più robusta spallata alle amministrazioni provinciali. La cui riorganizzazione è stata per lungo tempo nell’agenda di tre successivi governi (Monti, Letta, Renzi), senza che ancora si sia giunti all’abolizione. Ora è una lotta contro il tempo. Perchè l’ultimo ddl in materia, che porta il nome del sottosegretario Delrio, deve concludere il suo iter celermente: se non verrà approvato entro fine marzo, quando scatterà l`indizione dei comizi elettorali, gli italiani dovranno votare anche per il rinnovo delle Province nell`election day del 25 maggio. Ben 73 amministrazioni provinciali, 52 a statuto ordinario e 21 già commissariati, in caso di mancata approvazione del provvedimento, tornerebbero alle urne.
DEL RIO – Il disegno di legge non abolirà gli enti (per questo è necessaria una una riforma costituzionale), ma procederà allo svuotamento delle funzioni e allo spostamento del personale. «Se non si approva il ddl entro fine marzo si andrà a votare per le Province», ha avvertito il sottosegretario, invitando i parlamentari a ritirare gli emendamenti per non perdere «l`occasione di abolire le Province attesa da 20 anni e istituire le città metropolitane».
SENATO – A Palazzo Madama è in programma la discussione del provvedimento, con voto finale previsto per oggi, mercoledì 26. Dovrà essere però approvato lo stesso identico testo licenziato da Montecitorio. La storia del processo di abolizione delle province è travagliata. Da quasi tre anni si fanno roboanti proclami per la loro cancellazione. Il governo Monti (il progetto era stato redatto dalla coppia ministeriale Cancellieri – Patroni Griffi) aveva approvato un decreto che prevedeva riduzione e accorpamento delle province. Ma poi, nel luglio 2013, la Corte Costituzionale bocciò clamorosamente il lungo lavoro della coppia di ministri montiani. La Consulta rilevò che il ricorso allo strumento del decreto è legittimo per fronteggiare le urgenze, ma non per dare vita a riforme organiche di sistema. Sherlock Holmes commenterebbe: «Elementare, Watson!».
UPI – Le Province tentano un’ultima, disperata difesa con il dossier «Riformare le istituzioni locali: le cifre reali di un percorso», curato dall’UPI e aggiornato a marzo 2014. Dal quale risulta che nel decennio 2002 -2012 le amministrazioni centrali dello Stato hanno speso 100,4 miliardi di euro in più (+28,2%) rispetto al decennio precedente. Stessa tendenza l`avrebbero espressa le Regioni, con un costo maggiore di 39,2 miliardi (+33,25), e i Comuni (+7,7 miliardi, +14%). Le Province risulterebbero l’ente più economico, con «soltanto» 1,1 miliardo in più nel decennio (+11,2%). Per questo chiedono al Parlamento di riflettere bene sul seguito da dare al ddl Delrio. In effetti un intervento radicale sui costi dello Stato e delle Regioni porterebbe un’economia molto più rilevante per le finanze pubbliche.
Vedremo dunque oggi se questo disegno di legge, arrivato al Senato nel gennaio 2014, andrà avanti. Ma ci vorrà forte coesione nella maggioranza. E magari un intervento diretto del premier. Renzi, se ci sei batti un colpo.
