Firenze, è cittadino italiano ma non ha tutte le cure necessarie: il calvario del senegalese disabile, ferito nell’attentato di piazza Dalmazia

FIRENZE – Cittadino italiano, ma di serie B. Per lui l’assistenza sanitaria completa resta un optional. Non ne può più Moustapha Dieng, il senegalese ferito il 13 dicembre 2011 nella tragica sparatoria di piazza Dalmazia a Firenze, dove morirono due suoi connazionali per opera di un folle che poi si tolse la vita. Da allora è diventato tetraplegico e bloccato su una sedia a rotelle automatizzata, ottenuta grazie ad un’associazione di volontariato. Ma per lui il reperimento delle necessità di uso quotidiano per un infermo sono sempre più difficili. Nel pur ancora ampio budget del Servizio Sanitario Nazionale, sembra proprio non ci sia posto per lui che ha «solo» bisogno di generi di prima necessità: da quelli igienici all’assistenza continua di chi può aiutarlo a passare dal letto alla sua sedia-mobile e viceversa.
Moustapha, 40 anni compiuti il 1 gennaio, trascorre la vita guardando le pareti della pur attrezzata stanza che lo accoglie: ha perso l’uso delle gambe, riesce con molti sforzi a muovere in parte le braccia e le mani. Solo da poco è riuscito a bere da sé con un bicchiere. Per il resto va aiutato in tutto, anche a sorridere.
Sono passati quasi due anni da quel tragico agguato. Per Moustapha sono andati avanti lentissimi. Più di un anno trascorso presso l’Unità Spinale di Careggi, diretta dal professor Giulio Del Popolo che gli ha dato la forza di vivere. Un altro anno presso la «Casa Domotica», una moderna struttura completamente automatizzata (con letti e mobilio che si spostano con un pulsante adatto alle esigenze di tutti) creata dal Comune di Firenze e dalla Regione Toscana per ospitare per brevissimi soggiorni i pazienti che fanno «day hospital» presso l’Unità Spinale. Moustapha è lì da più di 11 mesi. In pratica non sanno dove metterlo. I volontari e gli operatori della Misericordia di Rifredi, che gestisce la struttura, fanno miracoli per assisterlo 24 ore su 24.
Il 2 giugno 2013 una svolta. Gli viene conferita, come ad altri due senegalesi rimasti feriti in modo più leggero nello stessa circostanza, la cittadinanza italiana. Una cerimonia, nel giorno della festa della Repubblica, che vede riunite vicino a lui le massime cariche istituzionali di Firenze. Dal governatore della Toscana Enrico Rossi al sindaco di Firenze, e ora presidente del consiglio, Matteo Renzi.
«Quel giorno furono fatte grandi promesse – tuona l’avvocato Eraldo Stefani, console onorario del Senegal per la Toscana, uscendo ieri da un incontro con Moustapha – sia Renzi che Rossi dissero che non sarebbe stato lasciato solo. Spiace oggi constatare che questi impegni, almeno per ora, non sono stati mantenuti». Non è un’accusa ma una constatazione, aggiunge poco dopo. «Se oggi Moustapha vive e migliora, lo deve all’eccezionale impegno del volontariato – rincara poi il console Stefani – che non può essere all’infinito. Devono intervenire le istituzioni. Conferire la cittadinanza italiana non basta, ci vogliono i fatti. Non ci si può ricordare di persone come Moustapha solo quando ci sono anniversari da celebrare, l’impegno deve durare tutto l’anno».
Nell’attesa non manca la presenza del volontariato: per Moustapha Dieng si è mossa da tempo l’Associazione «Spingi la Vita» che a sua volta ha coinvolto il Comune di Scandicci. Del caso si sta interessando anche il Rotary Club Firenze Nord, che ha promosso una raccolta di fondi per venire incontro alle necessità quotidiane dell’italo-senegalese Dieng. Forse sarà una goccia nell’oceano, ma come ben si sa l’oceano è fatto di gocce.
