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Luigi Dori

Protezione civile: ricordo di Luigi Dori, cronista e uomo del volontariato, a dieci anni dalla scomparsa

Luigi Dori
Luigi Dori

FIRENZE – A dieci anni dalla morte, avvenuta il 20 ottobre 2004, e in un momento di nuove alluvioni e dissesti idrogeologici gravi, il ricordo di Luigi Dori ci insegna quanto sia importante l’impegno nel Volontariato. Chi come me ha condiviso con lui una lunga esperienza redazionale, sa che il giornalismo gli stava troppo stretto: il suo grande cuore aveva bisogno di scoprire nuovi orizzonti, soprattutto di rendersi utile agli altri.

A 65 anni aveva già fatto tante cose, se da tutti qui in Toscana – non solo dagli amici di Firenze e Sesto Fiorentino – era ed è tuttora considerato un «pioniere» della protezione civile. Nel 1981 aveva lanciato il «Centro Sos – Emergenze», diventato nel 1991 Centro Studi Emergenze, che ancora prosegue la sua attività con abnegazione ed alta professionalità, stimolando senza soste le istituzioni e offrendosi come punto di riferimento e di raccolta di nuove risorse umane.

Pioniere anche perché negli anni ’80 – i fiorentini si erano appena risollevati dalle ferite dell’alluvione del 1966 – ha vissuto con l’allora giovane viceprefetto Paolo Padoin e con Sandro Bennucci (un collega giornalista altrettanto sensibile e di «penna facile») la memorabile stagione in cui a Firenze – forse la prima provincia in Italia – fu creata l’ossatura di un nuovo sistema di prevenzione delle calamità. Gigi Dori cercò allora di dare un contributo specifico dando vita ad un’Associazione di volontariato con specializzazione giornalistica. «Informare per prevenire»: era questo il motto che accompagnava le sue numerose iniziative, finalizzate alla salvaguardia della comunità dai molteplici rischi incombenti, sia di carattere ambientale che sociale.

Interpretava il volontariato come una missione: e ogni giorno, con la sua testimonianza sul campo e nella redazione, impartiva con lungimiranza autentiche lezioni di educazione civica ai colleghi più pigri, che guardavano quasi con sospetto il suo mirabile darsi da fare. Era coinvolgente, non solo per il suo esempio, ma pure per una caratura professionale mai sottovalutata. Infatti non aveva nulla da imparare: con la tenacia e l’estro dei livornesi, aveva fatto la gavetta a «La Nazione» collaborando e poi entrando nella redazione di Massa, città dove ha abitato a lungo, assimilando la pazienza e l’umiltà degli apuani.

Prima di trasferirsi a Firenze, nella prestigiosa sede di via Paolieri: qui ha lavorato per anni nell’impaginazione delle edizioni provinciali e poi in Cronaca. Qui era il «giornalista della notte»: insomma l’addetto alle emergenze notturne dell’informazione. Capirete perché non è stato per lui difficile tessere una serie di rapporti privilegiati con Prefettura, Polizia, Carabinieri, Vigili Urbani, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Forze Armate, Corpo Forestale, Magistrati e altre istituzioni.

Quando nel 1992 venne istituito il Servizio Nazionale della Protezione Civile si tuffò quasi a tempo pieno in una struttura operativa; scegliendo due anni dopo la pensione anticipata proprio per essere più libero nel reclutare nuove energie e nel collegamento con le varie articolazioni locali, regionali e nazionali.

Lasciò «La Nazione», senza però interrompere il legame di amicizia con i colleghi. Anzi fu quasi più facile per lui fare – pescando tra gli operatori dell’informazione di un po’ tutte le testate – nuovi proseliti per la causa delle emergenze. Coinvolgendoli in un’operazione non facile: quella di creare una nuova cultura della Protezione Civile, di cui si incominciano a vedere oggi i primi frutti.

Un’innovazione epocale: ottenuta realizzando negli ottomila comuni italiani un Sistema «preesistente» agli eventi di calamità con cui interrompere la tradizionale e burocratica consuetudine di costruire in corsa una macchina di soccorsi unicamente sulla scorta delle notizie frammentarie dalle zone colpite. Un presidio di protezione civile, dunque, già operante sul territorio e pronto a scattare in caso di necessità. A questa «filosofia» legata alla logica della prevenzione, Gigi ha ispirato il suo CSE, che fortunatamente continua il servizio avviato dal suo fondatore. Paragonabile al «buon Samaritano», come l’ho definito consegnando nel 2007 al giovane cronista Leonardo Biagiotti il primo Premio giornalistico a lui dedicato dal comune di Sesto Fiorentino, purtroppo interrotto.


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Antonio Lovascio


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